Berlusconi: no al «duello» in tv con Bersani
Il Centrodestra attacca la Questura di Roma dopo la manifestazione di ieri: «C'è qualcosa che non funziona»
ROMA - All'indomani della manifestazione del Pdl a Roma lo scontro tra centrodestra e centrosinistra è scoppiato sui numeri della partecipazione a piazza San Giovanni sabato, per i quali il Pdl attacca la Questura di Roma. E intanto Silvio Berlusconi ha detto no al duello in tv con Pier Luigi Bersani: «Non è opportuno».
LA GUERRA DEI NUMERI - L'affluenza a piazza San Giovanni è stata di gran lunga superiore ai 150mila dichiarati dalla Questura di Roma, secondo il Pdl, che non lesina duri attacchi ai responsabili dell'ordine pubblico nella Capitale: «Siamo francamente stupefatti da cio che ha affermato la Questura di Roma - dice Fabrizio Cicchitto. A difendere il corretto operato della Questura i sindacati di polizia. «I funzionari della questura di Roma fanno dell'alto senso dello Stato e dello spirito di sacrificio il valore guida a difesa del popolo italiano», scandisce il segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp), Enzo Letizia. Ma Maurizio Gasparri insiste: «Confermiamo pesanti riserve sul comportamento del questore di Roma».
BOSSI: «A ROMA SOLO IL PDL» - «La manifestazione di ieri a Roma è andata bene. C'era abbastanza gente, pure se era tutta gente di Berlusconi. La Lega non si è impegnata a inviare (uomini, ndr) perché avevamo raggiunto un accordo». Così Umberto Bossi, ministro delle Riforme, oggi a Vercelli commenta il «grande evento» del Pdl di ieri.
«È da tener presente - ha sottolineato Bossi - che se la Casa delle libertà e la Lega avessero voluto mandare davvero tanti uomini non sarebbero bastate le piazze di Roma a tenerli. Io ne ho tenuti in disparte qualcosa come una decina di milioni, l'altra volta ne avevamo mandati sei. L'altra volta eran piene tutte le piazze, ieri c'eran solo quelli di Berlusconi».
CONFRONTO TV - La polemica politica però si è alimentata di un altro tema, il dibattito televisivo tra Bersani e Berlusconi, che il premier ha così liquidato: «Non credo che sia opportuno in questo momento arrivare a un confronto con il capo dell'opposizione perché le sue dichiarazioni quotidiane ci hanno fatto perdere fiducia che si possa arrivare a un interscambio produttivo e basato sulla verità». Un rifiuto che il Pd interpreta come un segno di «debolezza» e «timore» di parlare di temi concreti. «Berlusconi getta la maschera. E' amore non volere un confronto col proprio contendente politico - chiede Enrico Letta -? O forse non è la massima espressione di odio?». Interviene Paolo Bonaiuti: «Ma come può la sinistra chiedere il dialogo quando ricorre al linguaggio e agli insulti dei più estremisti?».
MAGISTRATURA DEMOCRATICA - Berlusconi, che ha partecipato a due iniziative elettorali a Bologna e a Firenze, è tornato ad attaccare i giudici, in particolare quelli di Magistratura democratica, la corrente che a suo giudizio detta la linea alla Cassazione sulle leggi da abrogare:«Se una legge non piace ad Md la Cassazione la abroga - ha detto il premier. «In questo modo la sovranità non appartiene più al popolo ma alla magistratura».
«UN DITTATORE AL TRAMONTO» - «Berlusconi, invece di occuparsi dei seri problemi economici del Paese, passa il tempo a compilare liste di proscrizione e a fare proclami contro la magistratura e l'opposizione. Evidentemente questo Wanna Marchi della politica è in affanno a causa dei sondaggi che lo danno in caduta libera». Così Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, commenta le dichiarazioni del Presidente del Consiglio.
«E' un'immagine sbiadita di un dittatore al tramonto che continua a propinare con livore, a reti unificate, le sue bugie - osserva Di Pietro -. Saranno i cittadini a giudicarlo per gli affari loschi attivati dai suoi sodali alle spalle delle vittime del terremoto in Abruzzo, per le condizioni economiche disastrose in cui ha ridotto il Paese, per il bavaglio imposto alla libera informazione e per i continui attacchi alla magistratura, colpevole soltanto di non avere concesso alla casta l'impunità. Altro che riforma della giustizia e dello Stato! E' lui a dover essere riformato».
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