1 maggio 2024
Aggiornato 16:00
Elezioni Regionali

Primarie al veleno in Puglia tra Emiliano e Vendola

La svolta verso le primarie è arrivata dopo il fallimento dell'assemblea regionale del Pd convocata lunedì scorso

ROMA - Lo scontro tra il sindaco di Bari e il governatore della Puglia potrebbe non arrivare alle urne ma fermarsi alle primarie. Michele Emiliano prende atto che non si può buttare giù dalla torre Nichi Vendola senza nemmeno la verifica delle primarie. «A questo punto sono io che chiedo a Vendola di andare alle primarie e glielo chiedo senza acredine», spiega Emiliano che è pure presidente del Pd in Puglia. Poi non rinuncia a rilanciare la polemica: «Dopo aver spaccato il suo partito, i Verdi e l'Idv, Vendola vuole dividere anche il Pd».

La svolta verso le primarie è arrivata dopo il fallimento dell'assemblea regionale del Pd convocata lunedì scorso, divisa tra sostenitori del sindaco e del governatore, con una manifestazione pro Vendola che si svolgeva davanti all'Hotel Excelsior dove si sarebbe dovuta tenere la riunione poi sospesa. Il primo a chiedere la verifica delle primarie era stato Vendola di fronte alle pressioni che gli consigliavano di rinunciare a una ricandidatura per favorire l'accordo tra centrosinistra e Udc (il partito di Pier Ferdinando Casini ha chiesto l'uscita di scena del governatore). Emiliano pone però una condizione sulla via delle primarie: chiede la modifica alla legge elettorale regionale in modo che possa candidarsi senza dimettersi dalla carica di sindaco. La norma in vigore prevede l'incompatibilità già al momento della sola candidatura.

Vendola avanza una ipotesi di data che risolverebbe il problema posto dal sindaco di Bari: «Facciamo le primarie il 17 gennaio, cioè prima della seduta del Consiglio regionale del 19 che potrebbe cassare la legge sulla ineleggibilità dei sindaci». Per Emiliano, l'unico interessato al cambiamento di quella norma, a questo punto è difficile non accettare la data del 17 gennaio. «Se Emiliano e il Pd scelgono la strada delle primarie, abbiamo l'occasione di tornare a fare politica normalmente», conclude Vendola.

Con l'accettazione delle primarie si conclude una sorta di primo tempo nel braccio di ferro tra Vendola e il Pd. Era stato Massimo D'Alema il primo a chiedere al presidente uscente un passo indietro per favorire l'accordo con l'Udc, ritenuto indispensabile secondo i sondaggi per una conferma del centrosinistra. Gero Grassi, deputato pugliese del Pd, ex Margherita, fotografa così la situazione «Si deve tenere conto che parte del centrosinistra vuole difendere l'operato della giunta degli ultimi cinque anni. Le imposizioni che piovono dall'alto non portano frutti». Da qui l'auspicio a discutere soprattutto di programmi.

Sul caso pugliese c'è stata ieri una lunga telefonata tra Casini e D'Alema. Il leader dell'Udc ha poi attaccato dal Tg3 Vendola per «gli atti di squadrismo politico» che avrebbero impedito lo svolgimento dell'assemblea del Pd a Bari. Immediata la replica del governatore: «Non si è verificato nessun atto squadristico e dubito che chiunque possa associare la mia vita a qualunque cosa somigli a una violenza. Conosco Casini come una persona seria e prudente e in virtù di un autentico sentimento di amicizia chiedo di rettificare quelle parole e di porgermi le sue scuse».

Lo scontro in corso in Puglia ha ripercussioni nel dibattito più generale del Pd. Dario Franceschini e Piero Fassino hanno chiesto chiarimenti al segretario Pierluigi Bersani sulle candidature in vista delle regionali. «Purtroppo a sud di Teano il segretario del Pd è D'Alema», dichiara il senatore Giorgio Tonini, anche lui della minoranza congressuale che si è raccolta nella corrente Area democratica. Non c'è pace neppure nel Pd del Lazio, incapace finora indicare il proprio candidato alle regionali mentre Renata Polverini, scelta dal centrodestra, ha già iniziato la sua campagna elettorale. Nicola Zingaretti, presidente della Provincia, ribadisce la propria indisponibilità: «Mi permetto di dire che c'è anche una distanza personale fra me e le scelte che sta facendo il Pd perché non condivido questo immobilismo. Chi fa il mio nome non è autorizzato a farlo». Crescono di conseguenza le chance di Esterino Montino, Pd, «reggente» della Giunta regionale del Lazio dopo lo scandalo che ha travolto l'ex presidente Piero Marrazzo.