Franceschini avverte Pd: «Non illudiamoci sull'Udc»
Il segretario vede solo alleanze «caso per caso»
ROMA - Le alleanze andranno ricercate caso per caso alle regionali, dalle primarie di coalizione si potrà anche derogare, «come del resto prevede lo Statuto», ma di sicuro «non ci si deve illudere» rispetto all'Udc, il partito di Pier Ferdinando Casini non farà accordi nazionali.
Parlando ai segretari regionali del partito Dario Franceschini ha questa mattina spiegato la linea da seguire in vista delle prossime regionali, sottolineando una volta di più che a suo giudizio gli accordi con i centristi non rappresentano l'uovo di colombo. Vanno ricercati, certo, come vanno perseguite tutte le alleanze programmaticamente possibili, ma difficile pensare ad un accordo strategico. Una linea, insomma, che resta diversa da quella di Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema, anche se l'ex ministro delle 'lenzuolate' (pure questa mattina assente alla riunione con i segretari regionali) preferisce sottolineare che, a suo giudizio, la veltroniana vocazione maggioritaria è comunque alle spalle.
La deroga alle primarie di coalizione, in questo senso, viene sottolineata dall'ambiente bersaniano come un chiaro segnale all'Udc: fare le primarie, di fatto, significherebbe imporre il candidato democratico anche agli altri (salvo sorprese alla Nichi Vendola), mentre in qualche caso potrà essere utile decidere il candidato a tavolino con gli altri alleati, come chiede appunto l'Udc che rivendica propri nomi come condizione per qualsiasi trattativa. Ma va anche detto che uno dei segretari regionali di area Franceschini fa notare: «Non c'è niente di nuovo. La deroga è prevista nello statuto del partito».
In effetti, l'articolo 20 dello statuto prevede appunto le primarie di coalizione ma anche la possibilità di seguire altre strade: «Qualora, al fine di raggiungere l`accordo di coalizione, si intenda apportare modifiche ai principi espressi nel comma 1 del presente articolo o utilizzare un diverso metodo per la scelta dei candidati comuni, la deroga deve essere approvata con il voto favorevole dei tre quinti dei componenti l`Assemblea del livello territoriale corrispondente».
Insomma, le linee di Franceschini e di Bersani, su questo punto, restano diverse, e non è un caso. Tutta l'area ex Margherita non può vedere di buon occhio una strategia che deleghi ad un partito alleato il presidio dell'area moderata e cattolica, mentre sull'altro fronte Bersani e D'Alema continuano ad investire su un dialogo privilegiato proprio con Casini come perno di un 'nuovo centrosinistra', nella convinzione che quel segmento di elettorato diventerà decisivo nel momento in cui Silvio Berlusconi passerà il testimone.
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