28 aprile 2024
Aggiornato 10:30
IMMIGRAZIONE

Papa: «Non sono merce, tutti rispettino loro diritti»

«Fenomeno complesso ed epocale, ma serve cooperazione tra Stati»

Città del Vaticano - Gli immigrati «non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro. Non devono essere trattati come qualsiasi altro fatto di produzione». E' il monito di Papa Benedetto XVI, contenuto nella sua terza Enciclica, intitolata 'Caritas in veritate', presentata questa mattina in Vaticano e dedicata ai temi sociali.

Un fenomeno «di gestione complessa» quello delle migrazioni, lo definisce Ratzinger nel paragrafo 62, ma «resta accertato che i lavoratori stranieri, nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione, recano un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro». «E' un fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte - prosegue - per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale».

Per il Papa «siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato». Serve, dunque, «una politica» che «va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati. Nessun Paese da solo - prosegue - può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo».

«Tutti siamo testimoni - scrive ancora Benedetto XVI - del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni che accompagna i flussi migratori. Il fenomeno, com'è noto, è di gestione complessa; resta tuttavia accertato che i lavoratori stranieri, nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione, recano un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro, oltre che a quello del Paese d'origine grazie alle rimesse finanziarie. Ovviamente, tali lavoratori non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro. Non devono, quindi, essere trattati come qualsiasi altro fattore di produzione. Ogni migrante - conclude - è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione».