26 aprile 2024
Aggiornato 19:00

La Lega non cede: Niente referendum abbinato alle Europee

Ipotesi-compromesso: il 21 giugno con ballottaggi amministrative

ROMA - La Lega Nord non cede ed esprime una «assoluta contrarietà» all'accorpamento tra elezioni europee e referendum. Motivo? «E' incostituzionale» tuona Roberto Calderoli al termine del summit convocato da Umberto Bossi in via Bellerio. Se, però, il Carroccio accantona qualsiasi ipotesi di election day per il 6 e 7 giugno, 'apre' a un «confronto con gli alleati» ed è lo stesso Calderoli ad annunciare che «nei prossimi giorni ci sarà una riunione». Intanto mentre il leader del Pd Dario Franceschini definisce il mancato accorpamento una «Bossi tax», i referendari da domattina saranno in piazza, davanti a Palazzo Chigi, per chiedere «alle forze politiche di non cedere ai diktat della Lega».

Il tempo, comunque, non è molto. Il presidente del comitato promotore del referendum Giovanni Guzzetta avverte che se entro giovedì il governo non sceglierà «si butteranno 400 milioni di euro». L'appello, dunque, è a «convocare ad horas il Consiglio dei ministri» per varare un decreto che dovrà poi essere emanato dal presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta ufficiale. «A tutte le forze politiche - dicono all'unisono Guzzetta, Arturo Parisi e Mario Segni - chiediamo che non cedano ai diktat della Lega che usa le proprie posizioni nelle istituzioni, a cominciare dal ministero dell'Interno, per boicottare il referendum».

A sostegno delle ragioni dei referendari l'Italia dei Valori che chiede di destinare i soldi risparmiati alle famiglie dell'Abruzzo e il Partito democratico. Dario Franceschini osserva che «non ha proprio senso far pagare agli italiani una specie di Bossi-tax» e, tra l'altro, «non è moralmente serio in questo momento buttare fuori dalla finestra i soldi quando servono per i terremotati». Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini da parte sua si limita a dire che «c'è stato già un voto del Parlamento che ha respinto l'accorpamento, è una decisione che spetta al governo, decidano loro».

A questo punto l'unica strada che pare ancora percorribile è quella di accorpare il referendum al secondo turno delle amministrative, il 21 giugno. Ipotesi che i referendari però considerano inutile, «una farsa», perchè «a una porcata che vale 400 milioni di euro buttati se ne sostituisce una da 300 milioni sempre buttati...». Nel Pdl, invece, in molti, a cominciare dal capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, vedono nel 21 giugno la possibilità da un lato di risparmiare un po' e dall'altro di gestire al meglio il rapporto con l'alleato Lega.

Lo stesso Calderoli, al termine della riunione del Carroccio, riferisce di colloqui col premier Berlusconi, che proseguiranno nei prossimi giorni, e lascia intendere che la soluzione-compromesso del 21 giugno non è ancora stata scartata. «Ci sono una serie di ipotesi che verranno esaminate - spiega - non c'è la soluzione, ne parleremo col premier». A chi parla di Bossi-tax, infine, Calderoli non concede spazio: «Potrebbe essere una 'Franceschini tax' o una 'Guzzetta tax' che ha promosso il referendum. Se non si raccoglievano le firme per il referendum - ribatte - la battaglia per risparmiare 400 milioni non ci sarebbe stata».