5 maggio 2024
Aggiornato 09:00

Sisma Abruzzo, esperto Cnr: 7-8 anni per la ricostruzione

«Dopo i soccorsi partono gli esami agibilità»

L'AQUILA - Edifici crollati, palazzi pericolanti, strade dissestate: dopo il sisma in Abruzzo ci vorranno tanti anni per tornare alla 'normalità', addirittura «sette-otto, perlomeno a L'Aquila». A spiegarlo, interpellato da Apcom, è l'ingegnere Giandomenico Cifani, ricercatore dell'Istituto per le Tecnologie della Costruzione de L'Aquila: faceva parte dell'ex Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti, ora assorbito nell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e negli ultimi anni ha collaborato con la Protezione civile per la ricostruzione seguita ai terremoti del 1984 nel Parco Nazionale d'Abruzzo, del 1997 in Umbria e Marche, del 2002 in Molise e Puglia.

«Dopo i soccorsi si procederà come si è sempre fatto negli altri terremoti - spiega Cifani - già da domani e dopodomani nelle zone meno colpite si verificherà l'agibilità degli edifici e si rileveranno i danni per vedere se le persone possono tornare nelle proprie abitazioni e fare un conto economico. Questa operazione sarà lunga: ormai è codificata con schede specifiche e verranno tecnici da altre regioni, con l'aiuto di liberi professionisti che saranno istruiti e assicurati».

«Con il territorio delle Marche ci sono voluti 5-6 mesi per avere una mappa completa dell'agibilità: le operazioni sulle case dei residenti durano circa un mese, poi dove non ci sono danni evidenti la gente inizia a tornare da sola in casa», continua l'ingegnere: «Sicuramente è stato un terremoto più forte di quello dell'Umbria-Marche, anche se più circoscritto perchè più superficiale. Poi partirà la ricostruzione, ci sarà un discorso di priorità e per procedere ci saranno delle ordinanze codificate, adattate alle varie situazioni locali: verrà data la priorità alle abitazioni».

In ogni caso «ci vorranno 7-8 anni per tornare alla normalità calcolando le operazioni di demolizione e ricostruzione, perlomeno a L'Aquila: le operazioni sono complesse, anche in Umbria e Marche fu così».