28 agosto 2025
Aggiornato 04:30
Immigrazione

«Non più procrastinabile legge su cittadinanza»

Lo dichiara il vice presidente dei deputati del Pd, Gianclaudio Bressa, primo firmatario della proposta del Pd che modifica in profondità la legge n. 91 del 1992

«Le parole del Capo dello Stato e quelle del Presidente della Camera confermano che non è più procrastinabile l'approvazione della legge sul diritto di cittadinanza». Lo dichiara il vice presidente dei deputati del Pd, Gianclaudio Bressa, primo firmatario della proposta del Pd che modifica in profondità la legge n. 91 del 1992 che disciplina la cittadinanza per gli stranieri residenti in Italia.

«La legge sulla cittadinanza - sottolinea Bressa - è un termometro sociale che misura il livello di civiltà di uno stato nei confronti dei propri cittadini. La nostra proposta di cui auspichiamo una rapida calendarizzazione in Parlamento, permetterebbe al Paese di dotarsi di una normativa efficace, moderna ed europea, in grado di restituire dignità e speranza a tutte le persone che hanno deciso di vivere stabilmente in Italia. Gli elementi costitutivi della proposta del Pd vanno ricercati nel principio dello 'jus soli', nella libera volontà di appartenenza fisica e sociale ad una comunità, nell’adesione ai principi costituzionali, nella possibilità di una doppia nazionalità e nel poter divenire italiani dopo cinque anni di regolare residenza in Italia».

«E' una scelta di straordinaria modernità e di grande senso democratico - spiega Bressa - che affiancata alla riduzione dei tempi necessari per acquisire la nazionalità permette anche di rispondere alle ragioni pratiche più impellenti del paese. Dalla questione demografica, alla sostenibilità del sistema pensionistico, ma soprattutto all'integrazione sociale. Esiste infatti un nesso profondo tra democrazia e uguaglianza e, inversamente, tra disuguaglianza nei diritti e razzismo. La parità dei diritti genera il senso dell’uguaglianza, basata sul rispetto dell’altro in quanto uguale. La disuguaglianza nei diritti - conclude - genera l’immagine dell’altro come
diseguale, ossia inferiore antropologicamente, proprio perché inferiore giuridicamente».