25 aprile 2024
Aggiornato 19:30
elezioni 2018

Ma nella campagna elettorale i nostri futuri premier parlano di tecnologia?

Ci siamo presi la briga di investigare sul web, per capire l’attenzione che i nostri futuri leader vogliono dare alle nuove tecnologie

Ma i programmi elettorali dei nostri premier parlano di nuove tecnologie?
Ma i programmi elettorali dei nostri premier parlano di nuove tecnologie? Foto: Shutterstock

ROMA - Certamente non avremo le stesse ambizioni di Paesi come la Polonia, il cui primo ministro Mateusz Morawiecki non fa mistero delle sue intenzioni a diventare leader nel settore Fintech, dando la priorità, nella sua agenda, alla nascita di startup innovative proprio nell’innovazione tecnologica della finanza. Probabilmente non assisteremo neppure alla creazione di un fondo come quello del francese Macron che, lo scorso anno, ha destinato 10 miliardi alle startup del suo Paese. Ma in Italia, ora, ci sono le elezioni e l’avanzata tecnologica impellente non ci permette di restare indietro. Eppure il digitale, nei programmi elettorali dei candidati leader del nostro Paese, non sembra avere una risonanza così importante, nonostante - tutti - mettano in primo piano il lavoro (che rischia di essere perso proprio a causa dell’ondata tecnologica e della nostra scarsa capacità di dominarla).

La tecnologia nelle proposte politiche
Fermo restando che i programmi elettorali debbono essere ancora in parte ufficializzati, ci siamo presi la briga di investigare sul web, per capire l’attenzione che questi vogliono dare alle nuove tecnologie. Campagne politiche che si giocano su slogan ben precisi e molto lontani dalle ambizioni di Paesi come la Polonia o l’Estonia che mirano (non a torto) a essere leader digitali dell’Europa. Dall’abolizione del canone Rai del PD alla flat tax della coalizione di Centro Destra, l’abolizione della Legge Fornero, il reddito di cittadinanza e tutti gli slogan che stiamo sentendo in questi giorni riecheggiare alla TV e sui titoli dei giornali. Ciò che sembra accomunare un po’ tutti, a conti fatti, è il capitolo sull’energia e sulle fonti rinnovabili, un punto molto caro a Luigi Di Maio, candidato premier del M5S, che ha definito quello del movimento un governo dell’innovazione. «L'Italia deve diventare un Paese totalmente a energie rinnovabili» secondo Di Maio. «Noi abbiamo un piano che arriva al 2050. Il nostro obiettivo è un piano di transizione che porti via dal carbone e dal petrolio. Via dal carbone nel 2021 e via dal petrolio dal 2040».

L’interesse di Di Maio
Ed è proprio Di Maio a spingersi maggiormente verso il segmento delle nuove tecnologie, valorizzandolo, almeno nelle parole. Il 10 gennaio ha, infatti, visitato l’Istituto Italiano di Tecnologia di Morego, affermando che gli «istituiti di tecnologia come questo sono il fiore all’occhiello del nostro Paese». E bisogna sostenerli, favorendo un modello dove si investe in tecnologie, innovazione e ricerca scientifica. «Questo deve essere il nostro modello per un Paese, sia per rilanciare occupazione giovanile, sia per rinnovare le imprese e la pubblica amministrazione», ha detto Di Maio alla folla concitata di giornalisti. Per lui, le tecnologie possono migliorare la vita di tutti, benchè non abbia mai parlato di come incentivarne l’uso e l’applicazione nel nostro Paese, limitandosi a citare nei suoi discorsi la Tesla, l’azienda di Elon Mush, come una realtà attuale e non più il simbolo di un futuro lontano. Ma Di Maio è anche quel candidato che ha dichiarato in un’intervista al Fatto di voler «abolire 400 leggi e fare chiarezza sulle norme che si contraddicono utilizzando dei software appositi».

Il capitolo del Centro Destra
Un capitolo sull’innovazione e le nuove tecnologie ce l’ha, invece, la coalizione di Centro Destra che ha da poco lanciato i 10 punti fondamentali del suo programma, ancora in via di ufficializzazione. Benché sia l’ultimo punto di un fitto programma, si prevede - anche qui - l’efficientamento energetico, lo sviluppo e la promozione della cultura e del turismo, la digitalizzazione della pubblica amministrazione e il sostegno alle startup innovative. Niente di dettagliato, almeno per il momento. E un qualcosa di davvero molto lontano dal piano Industria 4.0 messo a punto da Carlo Calenda e pubblicato in un articolo del Sole24Ore, incentrato prevalentemente sulle competenze, la formazione digitale e le nostre fabbriche. Addirittura Berlusconi, nella puntata del 18 gennaio a Quinta Colonna, in relazione alle tematiche lavoro-futuro-tecnologie, ha detto che forse bisognerà pensare di trovare nuovi lavori, ma che (data l'età) non è più un problema suo (??).

E Matteo Renzi?
Ancora poco chiare le intenzioni di Matteo Renzi. Anche in questo caso siamo di fronte a un candidato che ha sempre promosso l’innovazione, (ricordiamo, per onor di cronaca, che fu proprio il Governo Renzi a volere la struttura commissariale di Diego Piacentini per la trasformazione digitale della PA), ma analizzando il documento di proposta «Italia 2020», non riusciamo a trovare nessun riferimento chiaro allo sviluppo delle nuove tecnologie nel nostro Paese. Salvo questo estratto che vuol dire tutto e niente, alla fine: «Tocca a noi sostenere la forza delle imprese, dei lavoratori autonomi, degli artigiani, dei commercianti, dei professionisti e di tante esperienze cooperative che vivono il loro impegno con passione, generosità e ingegno. Il rilancio degli investimenti pubblici e privati è la chiave per rafforzare la crescita. Una moderna politica per le imprese, dopo l'ottima esperienza di Industria 4.0 è una priorità per rafforzare la nostra vocazione manifatturiera. Davanti a noi abbiamo l'imperativo di affrontare le novità dirompenti che l'innovazione tecnologica e digitale sta portando nel modo di produrre e lavorare: vanno colte le opportunità e compresi i rischi di questa trasformazione». In un affondo di Matteo Renzi, ospite al Circo Massimo, condotto da Massimo Giannino e Jean Paul Bellotto su Radio Capital, lo stesso ha dichiarato che «gli altri partiti dicono che l'innovazione brucerà posti di lavoro, ma l'innovazione è anche un fattore positivo. L'Italia è un po' indietro in questo. Bisogna immaginare la dinamica del lavoro nei prossimi decenni. Per avere più soldi in busta paga, è inutile fare gli schifiltosi. Da quattro anni migliaia di persone prendono 80 euro. Mentre gli altri hanno solo parlato, noi abbiamo fatto un passo in avanti. L’Istat dice che c'è un milione di persone in più che lavora». L'ex e forse futuro premier, tuttavia, pare che abbia le idee un po' confuse, dato che nel corso di un suo intervento a Matrix, su Canale 5, ha affermato, invece, che «l'innovazione tecnologica porta via posti di lavoro», riferendosi al dibattito maturato intensamente negli ultimi anni e relativo al rapporto tra nuove tecnologie e professioni.

A parlare di innovazione, in questi giorni, è stato il candidato governatore PD della Lombardia Giorgio Gori, alla presentazione della campagna elettorale a Milano. Obiettivo, per Gori, portare gli investimenti regionali sull’innovazione al 3%, contro l’attuale 1,5%. Ma è chiaro che questa politica avrebbe delle ricadute esclusivamente sulla Lombardia, tra le altre cose, una delle regioni più all’avanguardia su questo punto. In altri articoli il programma del PD accenna al bisogno di ricercatori e al constante impegno sulla strategia per la crescita digitale e la banda ultralarga. Di pochi mesi fa la visita di Matteo Renzi al Tecnopolo di Piacenza, dove ha affermato che startup, innovazione e tecnologia non rappresentano solo il futuro della città, ma dell’Italia intera.

Una curiosità interessante è rappresentata dal fatto che Marco Rizzelli, ex candidato del Partito Democratico per il Comune Lecco, ha deciso di aderire al nuovo movimento politico definito degli ‘innovatori’ «10 Volte Meglio». «Ho alle spalle tre anni di esperienza politica con Pd - spiega Marco Rizzelli-, un progetto che aveva sposato con la discesa in campo di renzi che aveva gasato tutti. Dopo questi tre anni prendo coscienza però che la risposta non mi soddisfa più, non la sento più vicina. Il mondo nel frattempo è andato molto avanti e ritengo che ci sia bisogno di questo tipo di proposta, motivo per cui ho deciso di aderire a Dieci Volte Meglio».

Il movimento degli innovatori
Il movimento politico fondato da Andrea Dusi che mira a raccogliere le 30mila firme necessarie per presentarsi alle elezioni politiche, sull’innovazione e sulla tecnologia, ha invece, deciso di puntare tutto. Parlando di lavoro, credono di poter creare ben 750mila posti attraverso lo sviluppo delle nuove tecnologie. Ed è alle tecnologie che viene data un’importanza fondamentale, nel loro programma. Intelligenza artificiale, robotica, trasporti, energie rinnovabili e nuove frontiere della medicina, settori in cui l’Italia potrebbe avere una vera e propria leadership. Come? Attraverso la creazione di alcune zone «tax free», con l’obiettivo di facilitare l’insediamento e il rafforzamento in questi settori strategici. Queste aree, collocate in tutto il Paese, richiamerebbero la presenza (e manterrebbero quella delle imprese esistenti) di imprese italiane e straniere grazie ad una serie di benefici, tra i quali un’aliquota delle imposte dirette al 5% per dieci anni e un’aliquota stabile al 20% per gli anni successivi.

Ma del resto la campagna elettorale è solo all’inizio.