28 marzo 2024
Aggiornato 20:30
finanza

Il Venture Capital in Europa raccoglie 6,4 miliardi (come prima della crisi)

Si comincia a respirare aria buona in Europa, sale la raccolta di capitali che passa dai 5,5 miliardi del 2015 ai 6,4 miliardi del 2016

Il Venture Capital in Europa raccoglie 6,4 miliardi (come prima della crisi)
Il Venture Capital in Europa raccoglie 6,4 miliardi (come prima della crisi) Foto: Shutterstock

ROMA - L’Europa torna ai livelli pre crisi. C’è ottimismo, sale l’occupazione, anche quella giovanile, e salgono i capitali che arrivano copiosi. Secondo Invest Europe, l’associazione che raggruppa i venture capital su scala continentale, il Vecchio Continente ha raccolto 6,4 miliardi di euro di capitale nel 2016.  Una cifra abbastanza importante se confrontata con i 5,5 miliardi contabilizzati nel 2015.

Cresce il venture capital in Europa
Se i capitali arrivano in Europa è perchè è proprio in Europa che ai venture capital conviene investire. Su cosa investono? In startup specializzate in information technology (44% dei capitali) e in imprese innovative operanti nel campo delle biotecnologia e dell’assistenza sanitaria (27%). Questo importante flusso di capitali che arriva nel nostro continente riporta i venture capital europei a livelli verosimili a quelli registrati nel 2007. Ma non solo, perchè un decimo di questi capitali raccolti nel 2016 arrivano da investitori istituzionali nordamericani, segno che le startup europee stanno attirando anche l’interesse di chi sta Oltreoceano e vede qui ingenti opportunità di business.

Il gioco della Francia
Secondo il report, l’Europa fungerebbe da calamita per i venture capital nella misura in cui la valutazione delle startup sarebbe meno inflazionata e la concorrenza decisamente inferiore rispetto a quanto non avvenga - ad esempio - in Silicon Valley o in altre parti del mondo. Le tendenze sono confermate anche dal ruolo sempre più incisivo che sta assumendo la Francia, prima col fondo Macron, poi con l’apertura dell’incubatore Station F. a Parigi, per finire ai 650 milioni di euro raccolti dai due principali venture capital francesi, Partech Ventures e Indinvest Partners, annunciati solo pochi giorni fa. Nel complesso sono 13 i fondi di venture capital europei che sono riusciti a raccogliere nel 2016 oltre 100 milioni di euro.

Cresce anche l’occupazione
Che si respira aria buona e pulita, in Europa, lo dicono anche altri numeri. L’indagine 2017 sull’occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa, dimostra come con più di 234 milioni di lavoratori, e 10 milioni di posti netti creati dal 2013, il tasso di occupazione non sia mai stato così elevato come oggi nell'Ue e la disoccupazione sia al livello più basso dal dicembre 2008. Il flusso di capitali, infatti, oltre a generare nuova economia si traduce altresì in un aumento dei posti di lavoro.

L’Italia della crisi
Di tutto questo fermento l’Italia sembra non subire neppure l’influsso, tra disoccupati, neet e startup che restano allo stato embrionale. Colpa di politiche protezionistiche, di spesa pubblica che per il 77,2% viene destinata a coloro che hanno più di 65 anni: il nostro Paese è quello che paga più di tutti in pensioni di reversibilità, sia rispetto al PIL (il 2,8%), che al totale della spesa pubblica (il 5,5%).  «In Italia, c’è un fallimento sul mercato dei capitali di rischio - ci ha raccontato Peter Kruger, CEO di Startupbootcamp FoodTech, l’unico programma di accelerazione globale per startup ad operare in Italia -.  Siamo l’ultimo paese in EU per tasso di investimenti VC pro capite, superati negli ultimi anni perfino da bulgari, portoghesi, rumeni e greci. Ora, il bello e il brutto del capitalismo è che è una cosa semplice: i capitali vanno dove conviene investire. Se nessuno investe in Italia è perché evidentemente non conviene. O meglio, perché ci sono asset classes più convenienti. L’Italia è una delle maggiori economie del mondo, rappresenta il 2,7% del PIL mondiale ma in quanto a VC investito (ovvero a investimenti in conto capitale sul futuro), rappresenta meno del 0,1% degli investimenti complessivi nel mondo. C’è un gap mostruoso. Probabilmente il maggiore al mondo. La ragione? Semplice. Questo è un Paese che è diventato negli ultimi 30 anni una specie di paradiso delle rendite (che è l’opposto capitalistico degli investimenti di rischio). Basta guardare l’andamento della quota di capitale investito negli immobili negli ultimi decenni che raggiunge anche livelli quasi doppi rispetto alle altre grandi economie avanzate. In altre parole, finché favoriremo il mattone, anche abolendo le tasse di proprietà, come ha fatto recentemente il Governo, non speriamoci di vedere tutti questi entusiasmi per gli investimenti produttivi in attività produttive, specie se a rischio».