30 aprile 2025
Aggiornato 23:00
Gb

Gb, l'ultima sparata di Johnson contro May sulla Brexit che ai Tories non va giù

Almeno una dozzina di deputati Tory sono pronti a lasciare il partito conservatore britannico

LONDRA - Almeno una dozzina di deputati Tory sono pronti a lasciare il partito conservatore britannico per evitare che l'ex ministro degli Esteri Boris Johnson diventi il nuovo leader. Il monito, in grande evidenza oggi su tutti i siti dei media britannici, è arrivato ieri sera, a conclusione di una giornata scandita da polemiche, critiche, anche sdegno per l'ultima delle sortite di Johnson, secondo cui il piano della premier Theresa May per la Brexit (morbida) equivale a fare indossare "una cintura esplosiva" al Regno Unito e lasciare il detonatore in mano al negoziatore Ue Michel Barnier. Molte voci si sono levate in seno al partito conservatore contro Johnson, accusato di usare espressioni inammissibili per distrarre l'opinione pubblica dalle sue beghe private, ovvero dalle ultime rivelazioni sul naufragio del suo matrimonio con Marina Wheeler dopo 25 anni di tradimenti e relativi perdoni da parte della moglie.

Le beghe private di Boris
Si sa che gli inglesi sono sensibili a queste notizie. Il Daily Mail ha rivelato ieri la protagonista dell'ultimo 'affaire' di Johnson, probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il giorno di San Valentino Johnson avrebbe trascorso la serata con Carrie Symonds, una bionda di 30 anni che ha guidato sino a non molto tempo fa la comunicazione del partito conservatore. Sempre secondo il DailyMail, la signora Wheeler potrebbe presentare le carte per il divorzio già oggi, un dossier in cui Johnson viene descritto come "adultero".

Cosa contesta Johnson a May
L'ex capo della diplomazia ed ex sindaco di Londra accusa May di una resa totale nei negoziati con l'Ue per l'uscita dall'Unione europea, contestando in particolare due punti: l'accettazione del cosiddetto "backstop", ovvero la possibilità per l'Ue di imporre il mantenimento ad oltranza delle attuali regole in caso di impasse nelle trattative e, ancora di più, un possibile compromesso sulla questione della frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord.