25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
NYTimes: un regalo alla Cina

Clima, Trump ritira gli Usa dall'accordo di Parigi. Le proteste dalla comunità internazionale

L'aveva promesso, l'ha fatto: Donald Trump ha annunciato il ritiro degli Usa dall'accordo sul clima di Parigi. Portando il suo consigliere Elon Musk a dimettersi, e causando la dura reazione dei firmatari

NEW YORK - Con la scelta di uscire dall'accordo sul clima di Parigi, Donald Trump sta trasformando la sua politica da «prima l'America», in «America isolata e sola». Infatti il presidente americano lascia un vuoto di potere che rappresenta una imperdibile opportunità per gli altri Paesi di prendere il controllo del mondo e di stabilire un nuovo ordine. Lo scrive il New York Times, che sottolinea come la decisione annunciata ieri da Trump sia, in prima istanza, un regalo alla Cina, l'unica potenza in grado di poter riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti. In che modo? Riscrivendo le regole del commercio, stabilendo nuovi standard ambientali e infine investendo in infrastrutture a livello globale per espandere la propria influenza, come già sta facendo in Africa.

Decisione contestata
Ma la decisione di uscire dal patto firmato a Parigi nel dicembre del 2015 da 195 Paesi, è solo l'ultima delle mosse strategiche di Trump, che porteranno a un vuoto di leadership: prima c'è stata la decisione di uscire dai negoziati del Trans-Pacific Partnership, che avrebbe creato un mercato di libero scambio nel Pacifico, arginando le mire espansionistiche della Cina. E ancora la scelta di non garantire agli alleati Nato la difesa da parte degli Stati Uniti in caso di attacco. Oltre alla Cina, continua il New York Times, Trump ha fatto un regalo all'India (altra potenza in enorme espansione), ma anche alla Russia e all'Iran.

Influenza cinese
Con la sua decisione Trump «ha reso il mondo più sicuro che ci sarà un'influenza cinese», ha detto Richard N. Haass, presidente del Council on Foreign Relations. Infine la scelta di Trump rappresenta un decisivo cambio di posizione rispetto alle politiche americane degli ultimi 80 anni, da Harry Truman in poi. Trump infatti sostiene che l'unica forza americana risieda nella crescita economica e nell'esercito, negando il 'soft power', il mezzo attraverso il quale gli Usa hanno espanso la loro influenza nel mondo. Per il presidente infatti investire in alleanze e in progetti di sviluppo in Paesi stranieri è solo un modo per sprecare denaro dei cittadini americani. Per questo, nel suo budget, non ha inserito il dipartimento di Stato tra le agenzie centrali per la sicurezza nazionale che necessitano di un aumento di fondi.

Musk scarica il Presidente
Elon Musk mantiene la promessa. Il numero uno del produttore di auto elettriche Tesla ha scaricato il presidente americano Donald Trump lasciando i due consigli della Casa Bianca di cui faceva parte, lo Strategic and Policy Forum e quello concentrato sul rilancio del settore manifatturiero. Lo ha fatto poco dopo l'annuncio del leader Usa sull'uscita degli Stati Uniti dallo storico accordo sul clima di Parigi. Musk aveva anticipato che lo avrebbe fatto alla vigilia se Trump avesse preso quella decisione. «Lascio i consigli presidenziali. I cambiamenti climatici sono reali. Lasciare Parigi non è una buona idea né per l'America né per il mondo», ha twittato Musk.

Coro di voci contrarie
A lui si è unito un coro di voci contrarie alla mossa di Trump, dal settore privato a quello pubblico con 50 sindaci americani che intendono tenere fede agli impegni sul clima voluti da Barack Obama. «Molto deluso dalla decisione di oggi (ieri, ndr) sull'accordo di Parigi. I cambiamenti climatici sono un problema reale. L'industria adesso deve andare avanti da sé e non dipendere dal governo», ha scritto sul suo profilo Twitter il numero uno di General Electric, Jeff Immelt. Dello stesso avviso è il presidente di Microsoft Brad Smith, che in un post pubblicato su LinkedIn ha scritto che l'azienda rimarrà impegnata nel portare avanti gli obiettivi energetici e di sostenibilità stabiliti dall'accordo di Parigi e sposati dal colosso informatico: «La nostra esperienza ci ha dimostrato che questi investimenti e innovazioni sono positivi per il nostro pianeta, la nostra azienda, i nostri acquirenti e l'economia».

Le proteste dei sindaci
Ai manager dei grandi gruppi tech si sono uniti 50 sindaci di città americane che hanno annunciato la loro intenzione a rimanere fedeli al Paris Agreement. "A nome di New York City, mi impegnerò a onorare l'accordo di Parigi con un ordine esecutivo (che verrà redatto) nei prossimi giorni", ha scritto il sindaco di New York, Bill de Blasio, su Twitter. Gli ha fatto eco il sindaco di Pittsburgh, Bill Peduto: "Io sono stato eletto per rappresentare la gente di Pittsburgh, non di Parigi", ha scritto sul sito di microblogging. «Dato di fatto: Hillary Clinton ha ricevuto l'80% dei voti a Pittsburgh. Pittsburgh perciò sta dalla parte del resto del mondo e continuerà a seguire l'accordo di Parigi», ha aggiunto il primo cittadino, un democratico come l'italo-americano de Blasio. L'ex candidata alle elezioni presidenziali dello scorso novembre sconfitta amaramente da Trump e' rimasta invece in silenzio.

Per i petrolieri una decisione coraggiosa
Intanto l'amministrazione Trump difende la sua scelta, che per l'amico dei petrolieri diventato capo dell'Agenzia per la protezione ambientale americana (Epa), è stata «coraggiosa». Il segretario al Lavoro, Alexander Acosta, è convinto che l'addio agli impegni di Parigi fara' bene all'occupazione manifatturiera. L'addio all'accordo «rappresenta il forte impegno dell'amministrazione a promuovere principi pro-crescita e a ricostruire la base manifatturiera d'America, messa sotto assedio» dall'intesa raggiunga nel dicembre 2015 da 195 nazioni. Oltre agli Usa, solo Siria e Nicaragua si sono sottratti a quegli impegni. Secondo il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, «il presidente è concentrato molto sull'ambiente. Questa [mossa] non riguarda l'ambiente ma la creazione di un accordo economico giusto».

Reazioni internazionali
Italia, Francia e Germania hanno bocciato a stretto giro l'a proposta del presidente usa Donal Trump, che, annunciato l'abbandono dell'accordo Onu sul clima di Parigi, si è detto pronto a negoziare una nuova intesa. L'accordo di Parigi «non è rinegoziabile» hanno sottolineato Roma, Parigi e Berlino in una rara nota congiunta nella tarda serata di ieri. «Prendiamo nota con rammarico della decisione degli Stati Uniti. Siamo fermamente convinti che l'accordo non possa essere rinegoziato» hanno aggiunto. La Russia prevede di ratificare l'accordo sul clima di Parigi entro il 2020 e raggiungerà una decisione definitiva non prima del gennaio 2019. Lo ha detto il ministro delle Risorse Naturali e dell'Ambiente Sergei Donskoi, dal Forum economico internazionale di San Pietroburgo. «La Russia ha intenzione di ratificare l'accordo di Parigi entro il 2020, anche se non prenderemo, una decisione definitiva se ratificare o meno fino a gennaio 2019» ha detto Donskoi in base a quanto diffuso dal servizio stampa del ministero. Egli ha aggiunto che la delegazione interdipartimentale della Russia prevede di partecipare al gruppo di lavoro sull'accordo di Parigi (Ad Hoc Working Group on the Paris Agreement, APA).