1 maggio 2024
Aggiornato 23:30
Progetto lanciato dall'Arabia Saudita nel 2015

E adesso ci tocca pure fare i conti con la «Nato musulmana»

Mentre Trump minaccia di smantellare la Nato «tradizionale», c'è chi ne vuole creare una composta dai Paesi musulmani contro il terrorismo. Ma che rischia di diventare l'ennesima pericolosa miccia

RIAD - Donald Trump l'ha definita un organismo «obsoleto», ma ora, della Nato, potrebbe spuntare addirittura una copia. O meglio, una versione alternativa, rivisitata, e musulmana. Il progetto non è recentissimo, perché risale a una proposta avanzata dall'Arabia Saudita nel 2015 e rivolta ai Paesi dell'area per contrastare il terrorismo islamico. E pazienza se c'è chi sostiene che proprio dagli Stati del Golfo giunga la pioggia di finanziamenti che sovvenziona i jihadisti: il progetto c'è, e da oggi potrebbe avere addirittura un leader.

Un comandante pakistano
Perché, secondo quanto riportato dal Guardian, il capo dell'esercito in pensione del Pakistan Raheel Sharif ha accettato di diventare il primo comandante dell'Alleanza islamica per combattere il terrorismo (IMAFT), che dovrebbe essere costituita da una coalizione di 39 Paesi, con sede centrale a Riad. 

Un progetto subito arenatosi
Il progetto è stato presentato nel 2015 come un'iniziativa volta a contrastare la diffusione dello Stato islamico, ma si è subito arenato a causa di divisioni e dissidi interni. Ad opporsi è stato l'Iran, a causa delle sue storiche divergenze con l'Arabia Saudita. Divergenze di cui la stessa Islamabad è rimasta ostaggio, visto che Riad è patria di migliaia di pakistani emigrati per lavorare, e Teheran è un prezioso fornitore di energia e gas. Addirittura, alcuni analisti hanno suggerito che le storiche tensioni tra Arabia Saudita e Iran abbiano contribuito a fomentare le tensioni interne che sconquassano il Pakistan.

Il Pakistan tra Iran e Arabia Saudita
In effetti, entrambi gli Stati - baluardo dei sunniti il primo e degli sciiti il secondo - sono stati accusati di sostenere le rispettive fazioni in Pakistan, dove la maggioranza sunnita non risparmia attacchi verso la minoranza sciita. La situazione si è ulteriormente complicata nel 2015, quando Islamabad ha rifiutato di intervenire in Yemen contro i ribelli Houthi (sciiti), nonostante l'insistenza di Riad. Che pure era ed è, per il Pakistan, un alleato prezioso, visto che l'anno precedente lo aveva sovvenzionato con la generosa somma di 1,5 miliardi di dollari.

Rivalità e tensioni
Equilibri delicati e traballanti, dunque, all'origine dell'arenarsi del progetto della Nato musulmana, che oggi, con la nomina di Sharif, potrebbe vedere però uno storico passo avanti. In realtà, l'organismo è ad oggi tutt'altro che operativo: addirittura, è ancora in discussione se il modello ispiratore debba essere l'Alleanza Atlantica o, piuttosto, il ruolo di peacekeeping dell'ONU. Inoltre, le forti divisioni interne al mondo arabo potrebbero rallentarne l'effettiva formazione, dal momento che l'IMAFT pare al momento dominata da Riad e dagli Stati arabi conservatori. Circostanza che Iran, Iraq e Siria non sembrano disposti ad accettare.

Forza contro il terrorismo o l'ennesima miccia?
Il rischio, inoltre, potrebbe essere che la «Nato islamica» finisca per essere al servizio delle aspirazioni degli Stati più potenti, in primis l'Arabia Saudita. «Se si crea una forza di così tanti Paesi, magari un giorno i Sauditi potrebbero volerla in Yemen o in Siria», ha osservato al Guardian Hasan Askari Rizvi, un analista pakistano esperto di Difesa. Uno scenario che trasformerebbe l'organismo, da strumento di opposizione al terrorismo, a veicolo di interessi particolari. Ulteriore scintilla in una regione già abbastanza dilaniata da rivalità e tensioni.