29 marzo 2024
Aggiornato 00:00
La crisi libica

«In Libia senza accordo sulla sicurezza, governo impossibile»

Questa l'opinione di Mattia Toaldo, analista presso lo European Council on Foreign Relations di Londra: «Una risposta all'Isis è rafforzare le realtà locali, perchè di fatto i jihadisti oggi controllano le zone dove le autorità locali non funzionano, e coinvolgere nel processo negoziale i gruppi esclusi finora»

TRIPOLI - Senza un accordo sulla sicurezza, nessun governo di unità nazionale sarà in grado di riportare stabilità in Libia e di affrontare la crisi umanitaria in atto nel Paese e la minaccia posta dai gruppi jihadisti, tra cui lo Stato islamico (Isis). Questa l'opinione di Mattia Toaldo, analista presso lo European Council on Foreign Relations di Londra.

Se anche ieri le delegazioni dei due parlamenti libici, Tripoli e Tobruk, hanno annunciato per il prossimo 16 dicembre la firma dell'accordo mediato dall'Onu per un governo di unità, in attesa che tale firma si concretizzi e senza la certezza che tutti i deputati delle due camere firmino, è chiaro che senza un accordo che garantisca la sicurezza nella capitale libica, «il nuovo governo non si insedierà a Tripoli o se anche andrà a Tripoli si ricomincerà con le milizie che assaltano il parlamento», ha detto ad askanews Toaldo, a margine di un convegno al Med di Roma. A fronte di tale scenario, la conferenza internazionale in programma domani a Roma punta a «creare un gruppo di sostegno internazionale all'accordo Onu, a evitare che nessuna potenza che si opponga».

Di fatto, in Libia i due parlamenti sono espressione di due opposti schieramenti da parte delle potenze regionali: da una parte Tripoli, sostenuto da Qatar e Turchia, dall'altra Tobruk, che gode del sostegno di Egitto ed Emirati arabi uniti. «La conferenza di Roma cercherà di arrivare a un accordo con l'Egitto su una transizione che escluda Haftar», il generale a capo delle forze armate di Tobruk che due anni fa lanciò le operazioni militari contro le milizie islamiste di Tripoli. «Il ruolo di Haftar è grande punto di domanda della conferenza di Roma - ha detto Toaldo - bisognerà vedere se si trova un rimpiazzo che vada bene a egiziani e libici».

Presieduta da Italia e Stati Uniti, la conferenza di domani vedrà la partecipazione di Arabia saudita, Algeria, Cina, Egitto, Emirati arabi uniti, Francia, Germania, Giordania, Lega Araba, Marocco, Qatar, Regno Unito, Russia, Spagna, Tunisia, Turchia, Unione africana ed Unione europea. Assenti i rappresentanti libici.

A preoccupare è anche la minaccia posta dai jihadisti dell'Isis, che oggi controllano Sirte e altre località vicine, e che due giorni fa hanno fatto un'incursione a Sabrata, tra Tripoli e il confine tunisino. Per Toaldo, l'Isis «ha un grosso potenziale in Libia, perchè stanno arrivando molti foreign fighters da Tunisia, Algeria e Sudan, e perchè non c'è nessuno che li sta combattendo, mentre ci possono essere forze fedeli al'ex regime di Gheddafi che possono unirsi all'organizzazione», ripetendo il copione già adottato in Iraq.

«Una risposta all'Isis è rafforzare le realtà locali, perchè di fatto i jihadisti oggi controllano le zone dove le autorità locali non funzionano, e coinvolgere nel processo negoziale i gruppi esclusi finora», come appunto gli ex sostenitori di Gheddafi e le minoranze quali Amazigh, Tebu e Tuareg. Toaldo ha ricordato che in Libia «ci sono istituzioni che funzionano a livello locale, che hanno ottenuto dei cessate il fuoco locali, capaci di salvare molte vite umane, soprattutto nella zona Occidentale del Paese, e di scongiurare che la Libia diventasse una nuova Siria». Per questo è «cruciale» il coinvolgimento di tutti gli attori libici, così come la collaborazione con i Paesi vicini «per fermare il flusso di foreign fighters».

Per Toaldo è chiaro «il senso di urgenza» della comunità internazionale di arrivare a un accordo per un governo di unità nazionale, a fronte «della situazione economica e della crisi umanitaria» del Paese, ma se non si vuole rischiare di avere «tre governi all'indomani della firma dell'intesa Onu (uno a Tripoli, uno a Tobruk e quello di unità in un'altra città libica o in esilio), bisogna rafforzare l'ownership libica del processo Onu, rafforzare i cessate il fuoco locali, occuparsi di Bengasi e lavorare con le municipalità, soprattutto per garantire l'arrivo degli aiuti umanitari».

(con fonte Askanews)