16 aprile 2024
Aggiornato 21:30
L'Unione ha perso ogni appeal sul nostro immaginario collettivo

Europa, un mito che non ci racconta più nulla

L'etimologia della parola «Europa» risale a un mito greco. Oggi, il concetto di Europa rischia di infrangersi proprio in una Grecia martoriata dall'austerity. La narrazione che un tempo era alla base del progetto non ci dice più nulla. Se non una cosa: non era questa l'Europa che sognavamo

BRUXELLES – Giornate dure per Bruxelles. Con il «no», i greci hanno levato il loro grido ai guardiani dell’austerity: «questa non è l’Europa che sognavamo». In effetti, del «mito» che ha guidato la fondazione dell'Ue è rimasto ben poco. Mito nel vero senso della parola: una delle etimologie di «Europa», infatti, si deve proprio, guarda caso, a un mito greco, in cui Europa è la fanciulla di cui Zeus si innamora. Fin dalla notte dei tempi, insomma, la parola «Europa» è stata capace di raccontarci qualcosa. Ma oggi?

Tempi lontani
Il giornalista irlandese Fintan O’Tool, su The Guardian, ricorda quando, negli anni ’70, l’intercalare «Siamo in Europa» aveva un significato di giubilo ed esaltazione, e sottintendeva la promessa che qualcosa di magnifico sarebbe presto accaduto. Ciò era possibile perché, alla base del concetto di «Europa», esisteva una narrazione che faceva presa sull’immaginario collettivo, creandovi buone risonanze. Un mito che le nazioni dell’Europa centrale e occidentale hanno raccontato a se stesse e alle altre, creando le basi del «sogno europeo».

Un mito che ha smesso di farci sognare
Un sogno reso possibile dall’«incubo» attraversato durante la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda, dopo le quali si è inteso costruire uno spazio comune di pace, giustizia e benessere. Oggi, però, quel «mito» ha smesso di parlarci. Ce lo dicono le cronache degli ultimi tempi: per ricollocare 40.000 migranti da Italia e Grecia, ci sono volute discussioni, rinvii, per poi arrivare a un piano solo su base volontaria. Per non parlare, poi, della crisi greca: Tsipras ha indetto il referendum proprio – ha dichiarato – sulla base di quei «comuni valori europei» dilaniati dall’austerità. Ma esistono ancora quei valori? Secondo O’Tool, di loro rimangono soltanto fastidiosi strascichi retorici. Appellarsi ad essi, scrive il giornalista, sarebbe un po’ come citare un vecchio codice di cavalleria medievale.

Quali valori comuni?
Qual è il valore in cui l’Europa si riconosce? La democrazia? Ci è voluto il referendum ellenico, per ricordarci della sua importanza. Il libero movimento delle persone? Non sembra, visto che molti Paesi sono impegnati a erigere muri per bloccarlo. La solidarietà? La gestione del problema migratorio e la crisi ellenica ci raccontano tutta un’altra storia. La foto del pensionato greco piangente in coda al bancomat ha fatto il giro dell’Europa, suscitando forse la nostra compassione. Eppure, la «solidarietà europea» non è scattata: lo dimostra lo stallo nei negoziati. Lo dimostra, anche, la divisione sempre più profonda tra «creditori» e «debitori», «formiche» e «cicale». Come si vede, non c’è più una sola «storia» europea, ma tante storie, spesso in contrasto le une con le altre.

Pure la storia dell’austerity è naufragata
Le guerre che hanno posto le basi per la fondazione dell’Europa sono lontane anni luce, ma qualcuno ancora se ne ricorda. Helmut Schmidt, già cancelliere della Repubblica federale tedesca, 14enne quando Hitler prese il potere, tre anni fa dichiarò: «Se i tedeschi si lasciano sedurre dalla pretesa di un ruolo di leadership in Europa o di essere primi tra uguali, in virtù della loro forza economica, una sempre crescente maggioranza di vicini tenterà di resistere loro [...]. Le possibili conseguenze di tutto ciò potrebbero essere rovinose». Oggi, in effetti, siamo a quel punto. Ci hanno raccontato la storia dell’austerity, ma abbiamo sperimentato sulla nostra pelle quanto fosse priva di visione. Forse, gli unici a cui ancora l’Europa ispira una speranza sono i «disperati» migranti. Che, però, sono destinati ad essere disillusi non appena sbarcati sulle nostre coste.