28 marzo 2024
Aggiornato 10:00
La crisi Ucraina

L'altra guerra: la corruzione che zavorra l'Ucraina

L'Ucraina del presidente Petro Poroshenko e di Arseni Yatseniuk affonda nel mare della corruzione, esattamente come quella di Viktor Yanukovich e, andando ancora più indietro, di Viktor Yushchenko e Leonid Kuchma. A constatarlo è un rapporto stilato da Andrei Marusov, direttore di Transparency International Ukraine

KIEV (askanews) - Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. L'Ucraina del presidente Petro Poroshenko e di Arseni Yatseniuk affonda nel mare della corruzione, esattamente come quella di Viktor Yanukovich e, andando ancora più indietro, di Viktor Yushchenko e Leonid Kuchma. A constatarlo è un rapporto stilato da Andrei Marusov, direttore di Transparency International Ukraine, intitolato «La lenta lotta alla corruzione in Ucraina».

Secondo l'organizzazione non governativa l'ex repubblica sovietica è il Paese più corrotto in Europa, al 142esimo posto mondiale su 174 stati nel 2014, dietro anche a Bielorussia (119) e Russia (136). Negli ultimi tre lustri poco è cambiato. Anche le promesse di svolta fatte a Kiev da presidente e primo ministro dopo la rivoluzione dello scorso anno sono rimaste sulla carta. La nuova Agenzia per la corruzione creata ex novo dal governo nell'ottobre 2014 è stata questa settimana addirittura al centro di uno scandalo, con Transparency che ha accusato Yatseniuk di aver creato un organo "marionetta" calpestando i principi dello Stato. Il governo avrebbe manipolato la commissione di selezione per i vertici dell'Agenzia per ottenere il controllo pieno a discapito dell'indipendenza assicurata dalla legge.

Marusov decreta nel suo report che «è praticamente impossibile fare progressi in settori importanti come quello della corruzione profondamente radicata, della restituzione del patrimonio sottratto da Yanukovich e dai suoi alleati, delle indagini nei casi di corruzione». La ragione della cronicizzazione della corruzione è il fatto che la politica è finanziata in larga parte dagli oligarchi e il clientelismo è ancorato saldamente nel sistema.

Transparency lamenta l'inefficacia delle regole e dei provvedimenti introdotti dalla nuova élite al potere dopo Euromaidan, oltre alla lentezza della loro attuazione. A parte la nomina ad aprile 2015 del responsabile dell'Agenzia anticorruzione Artiom Sytnyk, ben poco in realtà è stato fatto e il nuovo organo prima ancora di essere operativo è finito adesso nell'occhio del ciclone con il duello tra Transparency e Yatseniuk. Il premier, che questa settimana si è recato negli Stati Uniti perorando la causa ucraina in una trentina di incontri con esponenti della politica e dell'economia americana, ha ammesso in un'intervista al Washington Post che l'Ucraina sta combattendo in realtà due guerre, una nel Donbass contro la Russia e una meno visibile al proprio interno.

Yatseniuk ha puntato il dito contro il «passato sovietico e l'eredità di corruzione e malgoverno», ma in realtà, come ha fatto notare Andrei Marusov, la questione è più attuale di quanto primo ministro o presidente vogliano far credere. Il direttore di Transparency ha sottolineato nel suo rapporto come Poroshenko e Yatseniuk dichiarino a piè sospinto l'esigenza di urgenti riforme in campi nei quali la corruzione è dilagante, ma poco o nulla sia stato fatto per contrastarla. Sia nel caso del settore energetico, da sempre particolarmente delicato e gestito in sostanza dagli oligarchi, che in quello più generale economico, dove deregulation e abbattimento della burocrazia, gli slogan del nuovo ministro per lo sviluppo economico e il commercio Aivaras Abromavicius, sono rimasti sulla carta. Marusov mette anche il dito nella piaga nella questione degli ammortizzatori sociali, pubblicizzati a livello governativo come risposta al programma di austerity imposto dal Fondo monetario internazionale, evidenziando però come si tratti di «provvedimenti che ricordano quelli populistici del governo di Yulia Tymoshenko».

Il Paese continua a rimanere insomma imprigionato nei vizi del passato e gli ucraini se ne rendono ben conto: oltre un anno dopo la rivoluzione di febbraio 2014, Poroshenko e Yatseniuk sono poco amati quanto Yanukovich nel dicembre 2013, inoltre solo il 5% crede che la corruzione sia diminuita, mentre il 32% ritiene che sia aumentata e il 47% che sia uguale a prima. Anche tra gli addetti del settore il quadro non cambia e secondo una ricerca condotta da Transparency, Privat Bank, PwC Ukraine e GfK fra 2700 manager del settore privato il 27% pensa che la corruzione sia aumentata, il 15% diminuita e il 57% come prima.

A livello geografico il top della corruzione è secondo Transparency nella regione di Odessa, sul Mar Nero, dove ha sede il più grande porto commerciale del paese e dove il presidente Poroshenko ha nominato come nuovo governatore l'ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili. Forte della sua esperienza a Tbilisi, dove ha ottenuto visibili successi nella lotta alla corruzione, almeno quella di basso e medio livello, Saakashvili, il cui nome era stato anche fatto tra quelli papabili per il posto di direttore a Kiev dell'Agenzia anticorruzione, ha il compito di esportare il modello georgiano nel Sud dell'Ucraina.

Dal suo successo e da quello di presidente e governo a livello nazionale dipende l'allontanamento del Paese dal baratro. Come chiosa però il direttore di Transparency Andrei Marusov sempre più ucraini credono che il nuovo establishment non abbia davvero intenzione di abbandonare le vecchie pratiche: l'idea di una terza Maidan, dopo quelle del 2014 e del 2014, che apra la via alla fine del sistema corrotto oligarchico è sempre più discussa, «anche se una nuova rivoluzione porterebbe in Ucraina caos e anarchia».