Italia di nuovo tradita dall’Europa sull’immigrazione
Sembrava un primo, timido passo per ridiscutere il sistema Dublino, che spesso rende Italia e Grecia - i Paesi di arrivo per le rotte via mare - gli Stati competenti a concedere l'asilo ai nuovi arrivati. E invece...
BRUXELLES – Sembrava che ci fossimo vicini. Dopo l’ultimo, terribile naufragio al largo del Mediterraneo, pareva che l’Europa si fosse persuasa a costruire una politica d’asilo comune. E invece, a pochi giorni da quel fatidico 16 giugno, data in cui il Consiglio Ue avrebbe dovuto dare il via libera al piano della Commissione europea sulla ripartizione dei migranti, il Vecchio Continente fa un passo indietro. Si sarebbe trattato di discutere il ricollocamento di 40mila richiedenti protezione internazionale, 24mila attualmente in Italia e 16mila in Grecia: e invece, tutto sarà rimandato a dopo le vacanze estive.
Un accordo già rotto
Sarebbe stato solo il primo obiettivo dei quattro prefissati dall’esecutivo comunitario poco dopo l’ultima tragedia. Il pacchetto doveva anche comprendere il reinsediamento su base volontaria di 20mila profughi in due anni, il piano di azione per la lotta ai trafficanti e un rafforzamento delle missioni Triton e Poseidon. Per ora, solo quest’ultimo punto è stato messo a segno dall’Europa. Meglio di niente, si dirà. Eppure, il ricollocamento dei 40mila richiedenti asilo sarebbe stato un fondamentale passo nella direzione giusta.
I «pericoli» (per l’Europa) del ricollocamento
Innanzitutto, bisogna distinguere tra «ricollocamento» e «reinsediamento». Nel primo caso, infatti, a trasferirsi non sono persone che già hanno ottenuto la protezione internazionale, ma migranti che la richiedono. L’Europa, cioè, avrebbe dato la sua disponibilità ad «alleggerire» Italia e Grecia nella gestione di un grande numero di richieste d’asilo, facendosene carico sin dall’inizio. Da qui si capisce, dunque, che cosa sia andato «storto»: una simile iniziativa avrebbe aperto una prima, piccola falla nel sistema Dublino, che obbliga i richiedenti protezione internazionale a fare domanda nel primo Paese europeo raggiunto, spesso proprio Italia e Grecia. Ed è evidente che l’Europa non voglia andare in questa direzione.
Per molti migranti, l’Italia non sarebbe la meta
A tal proposito, il New York Times narra la storia di Dejen Asefaw, 24enne eritreo recuperato nel canale di Sicilia. Ma la meta di Asefaw non sarebbe l’Italia, ma la Svezia, dove risiedono i suoi fratelli. Così, come tanti compagni, il 24enne cerca di raggiungere la frontiera austriaca, e da lì viaggiare verso nord. Aswfaw spiega al New York Times che scappare dai controlli in Italia è piuttosto semplice. «Nessuno ti obbliga a lasciare le impronte», ha detto, facendo intendere che, se l’intenzione è quella di aggirare il sistema Dublino, in Italia troverai autorità compiacenti. All’inizio di quest’anno, la polizia francese ha fermato circa 1000 migranti vicini alla frontiera, rispedendoli da dove erano venuti: il Belpaese.
L’Europa, i migranti, non li vuole
A tutto ciò si aggiunga che lo slittamento del ricollocamento si scontrerà anche con il cambiamento di presidenza dell’Ue, che passerà al Lussemburgo: Paese che, notoriamente, non ha la questione migratoria tra le sue priorità. Insomma: i segnali dicono che l’accordo che l’Europa pareva aver raggiunto, a distanza di poco più di un mese, si sta già infrangendo sulla prova dei fatti. Per Fulvio Coslovi, Segretario del Sindacato di Polizia Coisp di Bolzano intervistato dal New York Times, «L’Italia vorrebbe sì salvare i migranti, ma poi vorrebbe non doversene prendere cura». A quanto pare, però, il problema è generalizzato a tutta Europa: e finché non si troverà il modo di attuare una politica comune, l’Italia sarà destinata a rimanere sola.
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