5 dicembre 2023
Aggiornato 08:30
Un modo per impedire ai migranti di spostarsi

Missione anti-scafisti, 300 esperti spiegano cosa c'è (di ingiustificabile) sotto

«Gli schiavi del XXI secolo»: così sono stati definiti i migranti inviluppati nella rete degli scafisti. Ma per 300 esperti internazionali, imparagonabili sono la loro sorte e l'antica tratta degli schiavi africani. Una retorica usata per giustificare l'ingiustificabile: una missione tesa a impedire, con la forza, alle persone di spostarsi

BRUXELLESNe abbiamo già parlato: la missione europea contro gli scafisti non convince tutti, nemmeno in Europa e negli Usa. A rimpinguare il fronte dei «no» ci hanno pensato, questa volta, 300 esperti di immigrazione, menti brillanti di prestigiosi atenei che vanno da Oxford ad Harvard fino alla London School of Economics. La loro lettera pubblicata su OpenDemocracy scardina le autorevoli argomentazioni fornite dall’Europa a sostegno della sua missione.

I danni collaterali
Innanzitutto, secondo il documento ufficiale di strategia pubblicato da The Guardian, l’intervento potrà implicare «danni collaterali». Cinica formula che, si sa, è spesso usata per annacquare, alla vista dell’opinione pubblica, gli umanissimi volti che quei «danni» purtroppo presentano. Ma quel che è peggio, sottolineano gli esperti, è l’obiettivo reale della strategia europea: respingere i migranti, inclusi i richiedenti asilo, o, perlomeno, impedire loro di muoversi.

Un paragone storico infondato
Altro punto, quasi mai toccato: parlando di traffico di esseri umani, bisogna distinguere – scrivono gli studiosi –  tra le attività condotte con il volontario consenso delle disperate vittime (smuggling), e quelle che avvengono sotto coercizione (trafficking). E’ una differenza che sussiste nella lingua inglese e non in quella italiana; eppure, la questione è sostanziale. Perché continuare a paragonare gli scafisti agli antichi mercanti di schiavi africani – come ha fatto il nostro premier – rischia di creare non poca confusione.

C'è traffico e traffico, e i migranti non sono schiavi
Gli schiavi africani non volevano muoversi, e venivano costretti a farlo con la forza. Dovevano essere addirittura trattenuti dallo scegliere il suicido alla deportazione, in un viaggio che li conduceva ad un’unica meta: la schiavitù. Diverso, il destino dei migranti. Essi vogliono muoversi, e, per farlo, utilizzerebbero vie meno avventurose e legali, se solo esistessero. L’obiettivo che intendono raggiungere è la libertà, la fuga da guerre o da persecuzione. D’altra parte, reali sono i pericoli che corrono durante il viaggio, le disumane condizioni di detenzione che sopportano e le violenze che talvolta subiscono. Ma i trafficanti a cui si affidano non sono padroni che li schiavizzano, ma, spesso, criminali che vendono loro, a carissimo prezzo, un barlume di speranza.

Storia maestra di vita e di (cattivi) esempi
Ma non è la prima volta che l’argomento della lotta allo «schiavismo» viene utilizzato per giustificare azioni poco filantropiche: la Conferenza di Berlino del 1885 autorizzò la conquista dell’Africa da parte delle potenze europee come strumento di liberazione dalla cosiddetta «schiavitù araba». Come si dice, historia magistra vitae.

L'Europa rinunci alle catene
«Chiediamo che i leader europei la smettano di usare la storia del commercio transatlantico di schiavi per legittimare azioni militari deterrenti rispetto ai migranti», scrivono gli studiosi. Che esortano, al contrario, i potenti a lasciarsi ispirare dagli appelli per la libertà di movimento partoriti dagli attivisti anti-schiavitù afroamericani nel XIX secolo. Perché nessuno – scrisse uno di loro, Frederick Douglass – può mettere una catena intorno alla caviglia di qualcun altro, senza trovarne l’altra estremità allacciata al proprio collo.