7 ottobre 2024
Aggiornato 04:00
Israele, si vota per le politiche

Netanyahu verso la riconferma

Se il risultato lascia poca «suspense», al termine di una campagna elettorale che passerà alla storia come «la più noiosa» che gli israeliani ricordino, l'ampiezza della vittoria del primo ministro uscente e capo del Likud è incerta di fronte a un'opposizione senza leader e caratterizzata da faide interne

GERUSALEMME - Benjamin Netanyahu sembra sicuro di essere riconfermato alla guida del governo israeliano dopo le elezioni di oggi, al termine di una campagna in cui ha indicato l'economia e l'Iran come priorità. Dovrà però lavorare sodo, sia per soddisfare la destra sia per attirare il centro. Le operazioni di voto sono cominciate alle 6 del mattino: le urne resteranno aperte fino alle 21. I primi exit poll sono attesi pochi minuti dopo la chiusura dei seggi.

Se il risultato lascia poca 'suspense', al termine di una campagna elettorale che passerà alla storia come «la più noiosa» che gli israeliani ricordino, l'ampiezza della vittoria del primo ministro uscente e capo del Likud è incerta di fronte a un'opposizione senza leader e caratterizzata da faide interne.

Secondo gli ultimi sondaggi, l'alleanza tra Likud e partito nazionale laico Yisrael Beytenu di Avigdor Lieberman ristagna ed è accreditata di un numero di seggi compresi tra i 33 e i 35, a fronte degli attuali 42 alla Knesset.

«Può un veterano agguerrito come Netanyahu essere in difficoltà in questa campagna elettorale dove la sua vittoria è già certa, dove è l'unico in lizza per guidare lo stato?», si è chiesto recentemente un editorialista di Ha'aretz, Aluf Benn. «Netanyahu non offre agli israeliani alcuna speranza di un futuro migliore, solamente lo stesso vecchio ritornello», ha aggiunto.

Di fatto, l'opinione israeliana sembra sedotta dalle sirene dell'ultradestra, incarnata dal leader del movimento nazionalista religioso Naftali Bennett, ex capo di gabinetto di Netanyahu, che ha fatto la sua fortuna con l'alta tecnologia.

Tecnicamente, sono in lizza 34 liste elettorali che rappresentano 38 partiti: solo una quindicina di formazioni dovrebbe tuttavia riuscire a superare la soglia del 2% prevista dalla legge per poter entrare in Parlamento.

Dopo l'abolizione nel 2003 dell'elezione diretta del Primo ministro spetta al presidente della Repubblica, entro una settimana dal voto, affidare l'incarico a un premier designato, il quale avrà 28 giorni di tempo (prorogabili di ulteriori due settimane) per formare un esecutivo; in caso di fallimento, si avrebbe una nuova designazione con identici termini.

Di norma il premier designato è il leader del partito di maggioranza relativa, ma nulla vieta che venga prescelto un rappresentante di una formazione ritenuta in grado di formare più facilmente un governo attraverso il gioco dlle alleanze post-elettorali.