20 aprile 2024
Aggiornato 02:00
La crisi in Medio Oriente

Obama irrompe nel dossier mediorientale

La tenuta della tregua fra Israele e Hamas è ancora tutta da verificare; ma il precipitoso invio di Hillary Clinton in Medio oriente a fare da pompiere dell'incendio su Gaza indica l'intenzione di Barack Obama, al secondo mandato, di «mettere mano» in modo deciso al dossier mediorientale, dopo un paio d'anni di basso profilo sulla questione

WASHINGOTN - La tenuta della tregua fra Israele e Hamas è ancora tutta da verificare; ma il precipitoso invio di Hillary Clinton in Medio oriente a fare da pompiere dell'incendio su Gaza indica l'intenzione di Barack Obama, al secondo mandato, di 'mettere mano' in modo deciso al dossier mediorientale, dopo un paio d'anni di basso profilo sulla questione, anche durante i mesi della cosiddetta 'primavera araba'.
Iscrivere il proprio nome sulla risoluzione del conflitto israelopalestinese è il sogno non nascosto di tutti i presidenti americani democratici. Ci provò inutilmente Bill Clinton, e per Obama sarebbe il coronamento concreto di quel premio Nobel per la pace che gli fu assegnato, sulla fiducia, nel 2009.

L'interesse di Obama per il Medio Oriente - Il ruolo defilato degli Stati Uniti negli ultimi anni ha fatto pensare a molti che Washington avrebbe lasciato il campo ad altri attori nella regione. I fatti ora stanno dimostrando il contrario. Hillary Clinton, in scadenza di mandato, ha interrotto il viaggio in Asia a fianco di Obama per visitare il Cairo, Gerusalemme e Ramallah. L'annuncio della tregua è arrivato stasera dal ministro degli Esteri egiziano Kamel Amr, che ha parlato in mondovisione con accanto a sé il segretario di Stato Usa. Washington e il Cairo si presentano come i principali negoziatori in campo, e l'Egitto dei Fratelli Musulmani viene accettato come un alleato a tutto tondo.
L'interesse di Obama per il mondo mediorientale e i suoi metodi erano evidenti già dal discorso ai paesi islamici che tenne subito dopo la prima elezione, tendendo la mano e parlando di fratellanza; così come era evidente già allora che non avrebbe avuto rapporti facili con il premier conservatore israeliano Benyamin Netanyahu. Fra le righe della telefonata di congratulazioni di Obama al leader israeliano, del resto, si legge la pressione esercitata da Washington per convincere il governo Netanyahu a firmare una tregua, nonostante l'offensiva su Gaza godesse dell'approvazione di una larghissima maggioranza della popolazione. L'ufficio del Primo ministro ha emesso un comunicato specificando che si è scelto di «dare una possibilità» alla proposta di cessate il fuoco e che Netanyahu ha «accettato la raccomandazione» di Obama di acconsentire alla tregua.

Ma i conflitti regionali non coinvolgono solo Israele e territori palestinesi; sullo scacchiere - dove ogni crisi è correlata a un'altra adiacente - i punti caldi post primavera araba restano la Siria e soprattutto l'Iran. Proprio a Teheran del resto Obama ha già lanciato nelle scorse settimane un appello alla ragionevolezza, e proprio oggi il gruppo del 5+1 ha indicato la sua disponibilità a trattare con il regime di Ahamadinejad sul dossier nucleare.
Obama è celebre per la sua capacità di negoziare compromessi - magari anche dolorosi. Se intende - come sembra - avventurarsi davvero in quella che spesso viene definita la palude mediorientale, avrà bisogno di tutta la sua abilità diplomatica; e di un segretario di Stato all'altezza della sfida.

Barak: Israele può riprendere attacchi se tregua non tiene - Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, non ha escluso la possibilità che lo stato ebraico riprenda i suoi attacchi se Hamas non rispettasse il cessate-il-fuoco in vigore ieri sera nella Striscia di Gaza dopo una settimana di scontri.
Il cessate-il-fuoco «potrebbe durare nove giorni, nove settimane o di più, ma se non tenesse sapremmo cosa fare e valuteremmo la possibilità di riprendere le nostre attività militari in caso di spari o provocazioni», ha avvertito Barak parlando alla radio pubblica.
Sul terreno, il cessate-il-fuoco è stato rispettato questa mattina nella Striscia di Gaza dopo una settimana di scontri armati, costati la vita a 155 palestinesi e cinque israeliani.

Israele: Hamas e Jihad rispetteranno la tregua - Gli alti vertici militari israeliani ritengono che Hamas e la Jihad islamica abbiano l'intenzione di rispettare e applicare l'accordo di tregua raggiunto ieri e che si adopereranno perchè altre fazioni palestinesi non riprendano a lanciare razzi contro Israele. Il cessate il fuoco annunciato ieri sera dall'Egitto ha messo fine a otto giorni di raid aerei israeliani nella Striscia di Gaza e al lancio di razzi contro i centri abitati israeliani, costati la vita a 155 palestinesi e a cinque israeliani.