19 aprile 2024
Aggiornato 04:00
Egitto

Al Aswany: questa «rivolta» è uno spartiacque

Gente in piazza «per rivendicare diritti e promesse tradite». Anche se non esistono statistiche ufficiali si parla di almeno 400.000 persone

ROMA - Ala al Aswany, forse il più noto all'estero tra gli scrittori egiziani, autore del romanzo 'Il palazzo Yacoubian, racconta all'agenzia missionaria Misna l'atmosfera nel paese, teatro da due giorni di manifestazioni di protesta contro il regime di Hosni Mubarak. «Quello a cui stiamo assistendo in queste ore è una cosa del tutto nuova per il nostro paese e segna uno spartiacque nella storia dell'Egitto contemporaneo. Ieri nella piazza Tahrir, cuore pulsante del Cairo, c'erano decine di migliaia di giovani. E la gente, dai balconi, lanciava fiori e appendeva striscioni»: così «Anche se non esistono statistiche ufficiali si parla di almeno 400.000 persone che hanno partecipato alle manifestazioni spontanee, da Ismailiya ad Alessandria e da Mansoura al Cairo.

Un avvenimento senza precedenti, prosegue lo scrittore, se si tiene conto che in questo paese vigono leggi di emergenza da oltre trent'anni» afferma il romanziere, che nonostante il successo delle sue opere, in cui offre uno spaccato estremamente realistico della vita in Egitto, continua il lavoro di dentista nello studio nel centro della città.

«Quello che stupisce è che - come per il caso tunisino - ancora una volta siano i giovani, in molti casi blogger con un'ottima cultura anche universitaria, tra cui molte donne, ad aver veicolato e organizzato le manifestazioni riuscendo ad aggirare la censura» osserva Al Aswany, secondo cui «gli intellettuali egiziani, pur avendo avvertito il disagio della maggioranza della popolazione, non hanno mai creduto che questa potesse ribellarsi. E sono stati puntualmente smentiti». Nelle ore in cui la protesta monta, sono proprio gli internauti a diffondere la notizia che social network come 'Facebook' e 'Twitter', attraverso i quali vengono pubblicati continui video e aggiornamenti dalle strade delle principali città d'Egitto, sono stati oscurati e che il governo, per ostacolare le comunicazioni, ha limitato il servizio di sms e il funzionamento delle reti telefoniche.

E se in un paese di oltre 80 milioni di abitanti, strategico per tutta l'area mediorientale, e tra i migliori alleati degli Stati Uniti nella regione, quanto avvenuto nella vicina Tunisia sembra difficilmente immaginabile, è pur vero che in questi ultimi anni il malumore della gente comune «con la politica sempre più repressiva delle forze dell'ordine, la corruzione, gli scandali e l'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, come zucchero, pane e combustibili che ha reso la maggior parte delle famiglie sempre più dipendenti dagli aiuti di stato, è cresciuto in modo esponenziale». Si è arrivati «ad un punto di non ritorno, in cui non c'è altra soluzione se non quella di protestare in strada, per chiedere cambiamenti che la gente ha aspettato invano, senza essere presa in considerazione» aggiunge lo scrittore e attivista politico i cui libri, prima di essere pubblicati, hanno subito censure e controlli.

«In Egitto, a differenza della Tunisia, la censura non è così invasiva, ma non siamo certo in presenza di un sistema democratico in cui la libertà di parola riesce a produrre risultati politici concreti - spiega - Le persone che siedono in parlamento vengono nominate attraverso elezioni di facciata, esiste la tortura come racconto nei miei libri, oltre a migliaia di persone detenute illegalmente». Quello che Al Aswany definisce «il teatrino della democrazia, messo in piedi per tacitare la cattiva coscienza dei governi occidentali, che sostengono di fatto delle dittature mascherate da repubbliche, ha avuto come effetto quello di soffocare la speranza di un cambiamento attraverso il voto. E questo - aggiunge - è uno dei fattori chiave delle proteste che infiammano soprattutto i giovani, disoccupati e senza prospettive. Si può vivere essendo poveri, ma non rinunciare alla propria libertà».