26 aprile 2024
Aggiornato 08:00
Medio Oriente

Israele: «Politica insediamenti non cambierà»

Fonti governative: «Ampliamento per naturale crescita demografica»

GERUSALEMME - Israele non fermerà le attività edilizie negli insediamenti cisgiordani, nonostante le esplicite richieste dell'Amministrazione Obama: lo hanno reso noto fonti governative dello Stato ebraico, sottolineando come sia necessario un ampliamento dovuto alla crescita demografica naturale delle colonie.

Obama ha ribadito più volte - l'ultima nel discorso di riconciliazione con l'Islam pronunciato ieri al Cairo - che gli insediamenti rappresentano un ostacolo per la pace e che ogni attività edilizia deve esservi sospesa: una richiesta che il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva definito «irragionevole».

L'Amministrazione esige infatti un congelamento delle attività edilizie «senza eccezioni», come aveva sottolineato lo stesso Segretario di Stato Hillary Clinton: «Vogliamo la fine della colonizzazione: niente più insediamenti, niente avamposti, niente eccezioni legate alla crescita naturale demografica».

Secondo quanto pubblica il quotidiano israeliano Haaretz tuttavia Obama intenderebbe dare sei settimane al governo israeliano perché fornisca una «politica aggiornata» sulle attività edilizie nelle colonie cisgiordane e il principio dei due Stati. Stando a fonti israeliane la Casa Bianca ha intenzione di completare un piano preliminare per il riavvio dei negoziati di pace in Medio Oriente e di presentarlo entro luglio: «Parte dell'essere un buon amico sta nell'essere onesti, e credo ci siano state occasioni nelle quali non siamo stati onesti sul fatto che l'attuale evoluzione della situazione nella regione è profondamente negativa, non solo per gli interessi israeliani ma anche quelli statunitensi», aveva avvertito Obama.

Nel suo discorso Obama - pur insistendo sugli indissolubili legami fra Stati Uniti e Israele - ha confermato che uno Stato ebraico che continui a discriminare i palestinesi e impedisca loro di esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione e alla libertà di movimento non può aspettarsi un sostegno attivo da parte degli Stati Uniti.

Lunedì prossimo infine sarà in Israele per consultazioni il rappresentante per il Medio Oriente, George Mitchell, che si tratterrà due giorni: in agenda incontri con il premier Netanyahu - con il quale discuterà anche la soluzione dei due Stati - e con il presidente dell'Autorità Nazionale palestinese, Abu Mazen. Non è ancora chiaro se la missione di Mitchell comprenderà anche una tappa in Siria per un colloquio con il presidente siriano Bashar al Assad.