27 aprile 2024
Aggiornato 02:30
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Papa in moschea ad Amman. «Religione non serva la violenza»

Dopo Ratisbona Ratzinger nuovamente su Islam e ragionevolezza

AMMAN - Nel paese in cui la regina riferisce della visita del Papa su 'Twitter' e un principe gli fa strada in moschea entrando coi sandali (e inducendo il Pontefice a fare altrettanto e non togliersi i mocassini rossi, come pure fece nella laica Turchia), Benedetto XVI 'riscrive' il discorso di Ratisbona.

Sono passati tre anni da quando Ratzinger tornò a indossare i panni del professore e, all'università della cittadina bavarese, tenne una 'lectio' sulla ragionevolezza della fede. Tema apparentemente accademico, che dette invece il fuoco alla santabarbara delle polemiche nel mondo islamico. Causa, la citazione infelice che il Papa fece di un dialogo di epoca bizantina - in cui un imperatore sosteneva che Maometto aveva portato solo «cose cattive e disumane» - e di un commento a quel dialogo («Per la dottrina musulmana Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza«).

Seguirono chiarimenti vaticani, incontri diplomatici e simposi interreligiosi e, infine, il viaggio in Turchia. Benedetto XVI entrò (scalzo) nella moschea blu di Istanbul e la ferita sembrò cicatrizzata. Ancora oggi il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha detto che le spiegazioni date da allora sono «buone e sufficienti». Ma il malumore, sotterraneo, è continuato. I Fratelli musulmani giordani avevano chiesto al Papa di rinunciare al viaggio in Terra Santa mescolando, tra i motivi, Ratisbona e Striscia di Gaza. Il principe Ghazi Bin Talal, oggi, ha ringraziato per il «rammarico» espresso dal Papa su Ratisbona, puntualizzando, poi, che la figura di Maometto è «completamente e interamente differente» dall'immagine che ne ha dato la storiografia occidentale.

E Benedetto XVI ha messo i puntini sulle 'i'. Dopo aver visitato (calzato) la moschea al-Hussein Bin Talal ad Amman, in Giordania, ha sostenuto che musulmani e cristiani, «proprio a causa del peso della storia comune così spesso segnata da incomprensioni», devono «impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera», «misericordiosi e compassionevoli», e smentire, così, nei fatti, la «manipolazione ideologica della religione» che, oltretutto, offre il fianco agli «oppositori della religione». Poco prima, sul sito dove sorgerà l'università cattolica di Madaba, aveva denunciato il caso in cui la religione «viene costretta a servire l'ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l'abuso». Un attacco neanche velato a quei fondamentalismi che - lontano dalla Giordania - uccidono in nome di Allah (o di Dio o di Jhavé). Poi, di nuovo sulla ragionevolezza: «Quali credenti nell'unico Dio», cristiani e musulmani sanno che «la ragione umana è in se stessa dono di Dio». Certo, le differenze ci sono. I cristiani «descrivono» Dio come «ragione creatrice», mentre i musulmani «adorano» Dio, «creatore del cielo e della terra». Ma la ragione - è il ragionamento - non è loro esclusa. E, comunque, «insieme, cristiani e musulmani sono sospinti a cercare tutto ciò che è giusto e retto».

Intanto in Israele, dove Ratzinger si trasferirà dopodomani, i giornali danno grande spazio alla frase pronunciato in mattinata sul «vincolo inseparabile» che unisce ebrei e cristiani. Ma in Giordania è il Papa alla moschea che assorbe l'attenzione di tutti. Il patriarca greco-melkita Gregorio III fa appello a lui per una «pace giusta e durevole» in Palestina. E la regina Rania continua ad aggiornare 'Twitter'. Rrinfrancata dai complimenti del Papa, che ha pubblicamente ha lodato «la sua dedizione» nel promuovere l'educazione, lei domanda col linguaggio sincopato del 'social network' «75 milioni di bambini non vanno a scuola. Che possiamo fare?» («75m kids out of school. Wht cn WE do abt it?«).