Landini: «Il futuro dell'auto richiede l'intervento pubblico»
Il Segretario della CGIL, Maurizio Landini: «Italia in forte ritardo, per fortuna c'è l'intesa coi francesi. Ora gestire e indirizzare i cambiamenti in atto nell'interesse dei lavoratori e del Paese»
BRUXELLES - L'Italia è in forte ritardo nel settore dell'auto, rispetto alla grande trasformazione in atto nell'intero sistema della mobilità, e da questo punto di vista è «una fortuna» che si stia lavorando per la fusione dell'italiana Fca con la francese Psa. Ma è necessario un intervento pubblico da parte italiana (da parte francese lo Stato è già presente nel gruppo Psa) per poter gestire e indirizzare i cambiamenti in atto nell'interesse dei lavoratori e del Paese. Lo ha affermato il segretario della Cgil Maurizio Landini a Bruxelles, incontrando un gruppo di giornalisti al Parlamento europeo.
Riguardo alla sfida dell'elettrificazione della mobilità, e più in generale dell'innovazione nell'industria automobilistica, «è da un po' che siamo preoccupati - ha detto Landini -, perché il settore auto del nostro paese paga un ritardo molto forte. Da un certo punto di vista, per fortuna adesso si sta lavorando per un'intesa tra francesi e italiani: perché quello che sta succedendo nel settore dell'auto è un processo di unificazione molto forte, e sono necessari una quantità di investimenti enormi per cambiare i sistemi di produzione».
Italia in forte ritardo
«Noi paghiamo un ritardo, anche se tanti hanno fatto finta di non vederlo, perché in realtà - ha ricordato Landini - continuiamo a produrre auto a benzina, diesel e poco di nuovo», e il nuovo «c'è bisogno di progettarlo». Secondo il segretario della Cgil, «il tema oggi è avere consapevolezza che questo è un processo di cambiamento molto forte. In questo senso io credo ci sia da fare un ragionamento riguardo a quali strumenti, ammortizzatori sociali, ti dai per gestire processi di transizione di questa natura che sono medio-lunghi. Su questo c'è tutta una discussione da fare».
«Allo stesso tempo - ha continuato Landini -, questo settore indica che bisogna ragionare in modo diverso: oggi il prodotto non è più semplicemente l'auto, il camion, il pullman; il prodotto diventa la mobilità: come si spostano le persone, come si spostano le merci, come costruisci la città».
«E a questo punto c'è un ragionamento complessivo da fare: quando si parla di 'economia circolare' - ha spiegato il segretario della Cgil - il problema non è più come faccio l'auto; il problema è: nel momento in cui faccio un prodotto come posso pensare già a non produrre danni, e come il prodotto potrà essere riciclato».
C'è bisogno di un intervento pubblico
Secondo Landini, «il vantaggio della tecnologia digitale, la sua novità vera, è che nel momento in cui progetti una cosa, sei anche già in grado di progettare, di sapere gli effetti e le conseguenze che può avere. Questo - ha osservato - cambia il quadro. Per questo dico che c'è bisogno anche di un intervento pubblico».
«Questo significa anche - ha aggiunto il leader sindacale - creare eventualmente nuovi posti di lavoro con caratteristiche diverse; perché, ad esempio, la gente non compra più l'auto, ma compra l'uso dell'auto; perché devi incentivare il trasporto pubblico. Cambia anche il ruolo delle città e di come progetti il sistema dei trasporti nella città».
Futuro della mobilità
Proprio in questi giorni, ha ricordato Landini, «a Roma la Cgil sta organizzando un progetto su questi problemi e sul futuro della mobilità. Stiamo chiedendo che il governo convochi un tavolo che affronti questi temi, e c'è già stato un primo incontro. E questo non riguarda solo l'auto in Italia: tutto il settore della componentistica dà lavoro a centinaia di migliaia di persone che generalmente ormai lavorano per la Germania, per la Francia. Quindi c'è una discussione europea che va fatta».
«Ma c'è anche - ha aggiunto - un problema che va affrontato di formazione, di ricerca, di politica industriale, di tornare ad avere un'idea di sviluppo diverso». In tutto questo, ha sottolineato Landini, «c'è bisogno di un ruolo pubblico diverso, di indirizzo, che affronti questo tema": c'è bisogno insomma di «un intervento pubblico nell'economia. Fra l'altro - ha ricordato ancora - vorrei far notare che dentro la Peugeot c'è la presenza pubblica, e che nel nostro paese, se uno esce dalle dispute ideologiche, le maggiori imprese che sono rimaste generalmente sono pubbliche, basti pensare a Eni, a Enel, per non citare Fincantieri e Finmeccanica».
«Quindi il problema della presenza pubblica non è se è bella o se è brutta; è per fare che cosa, con quali progetti e con quali idee», ha insistito Landini. E ha concluso: «Io sono convinto che oggi, senza un intervento pubblico non sei in grado di gestire questo processo di cambiamento nell'interesse dei lavoratori e nell'interesse del paese; e non nell'interesse di qualche azionista che aumenta i suoi profitti».
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