Il decreto dignità della discordia: per Di Maio sta dando i primi frutti, per gli imprenditori è un disastro
L'allarme di Assolavoro e Federmeccanica: tutta colpa della circolare Di Maio. Ecco di cosa si tratta
ROMA - Il decreto dignità sta dando i primi frutti: ne è convinto il vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio. I dati sulle comunicazioni obbligatorie del terzo trimestre 2018 evidenzierebbero un aumento del tasso di trasformazione dei contratti a tempo determinato in indeterminato. Sono 56,4 mila i contratti in più rispetto allo stesso periodo del 2017, trasformati da tempo determinato a tempo indeterminato. «Sono questi i primi effetti reali del decreto dignità»: così Di Maio ha commentato la crescita del tasso di trasformazione dei contratti segnalata dall’Osservatorio sul lavoro. I cui numeri dicono che nel terzo trimestre del 2018 si registrano 2 milioni e 822 mila attivazioni di contratti di lavoro, al netto delle trasformazioni a tempo indeterminato (da tempo determinato e da apprendistato) in aumento di circa 42 mila attivazioni (pari a +1,5%) rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente.
+1,6% di lavoratori
Ad esse corrispondono circa 2 milioni e 187 mila lavoratori, in crescita di 35 mila unità (pari a +1,6%). Considerando anche le trasformazioni a tempo indeterminato, pari a circa 173 mila, il numero complessivo di attivazioni di contratti di lavoro raggiunge circa 2 milioni 994 mila, in crescita del 3,4%, pari a 99 mila attivazioni in più rispetto al corrispondente periodo del 2017. Le trasformazioni a tempo indeterminato registrano una crescita del 48,6%, pari a +56,4 mila e sono costituite principalmente da trasformazioni da tempo determinato e, in misura minore, da trasformazioni da apprendistato, in aumento rispettivamente di +55 mila, pari a +76,2% e di 1,4 mila, pari a +3,3%.
L'allarme di Assolavoro: tutta colpa della circolare Di Maio
Ma non tutti sono convinti di questi dati, o meglio di questa interpretazione dei dati. A lanciare l'allarme è Assolavoro, per cui circa 53 mila lavoratori avviati dalle Agenzie per il Lavoro rischiano di dover essere lasciati a casa proprio per effetto del Decreto Dignità e, specialmente, per una circolare del ministero guidato da Luigi Di Maio che ha finito per restringere le maglie già rigide del provvedimento originario. 53 mila persone dal 1° gennaio 2019 non potranno essere riavviate al lavoro dalle Agenzie perché raggiungeranno i 24 mesi di limite massimo per un impiego a tempo determinato. Secondo l’Associazione degli operatori privati non c'è nulla di buono in questa riforma.
Il 30% delle imprese non rinnoverà i contratti
E a un mese dall’avvio operativo di tutte le nuove regole, scende in campo anche Federmeccanica che, nella sua tradizionale indagine congiunturale, sottolinea come il 30% delle imprese non rinnoverà, alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato in essere. Anche Confindustria non dorme sonni tranquilli: in tutti i settori, dice, si sta registrando lo stesso fenomeno segnalato da Federmeccanica. Un quadro nero, complicato, che potrebbe essere aggravato da una fase recessiva imminente, e per nulla leggera. «L’occupazione non si crea con le norme di legge – spiega Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica – ma dipende dalla stabilità della crescita. Certo è, però, che la flessibilità aiuta i percorsi di assunzione, la rigidità no assolutamente».
Ecco l'inghippo
Un disastro annunciato dicono da Assolavoro. «È l'effetto della circolare del ministero che ha considerato compresi nelle nuove misure anche i lavoratori con contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Dignità». In sostanza, anche se un lavoratore ha avuto un contratto temporaneo nel 2013 o nel 2014, questo fa salire il suo contatore di rapporti a tempo determinato. Una interpretazione che farebbe diventare retroattivo il provvedimento del luglio scorso, con danno per migliaia di lavoratori che rimarranno disoccupati entro poche settimane.
Le conseguenze
«Non è nostra abitudine, né nostro obiettivo quello di accendere situazioni di conflittualità, né sociale, né istituzionale» avvisa Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro. Ma l'associazione rileva quello che sta accadendo nel mercato del lavoro. «Se vi è un calo del numero di persone occupate in somministrazione non si tratta di un problema del settore, è un problema per tutti», perché per alcuni, pochi, scatteranno contratti di lavoro a tempo indeterminato, secondo una tendenza non recente e che riguarda direttamente le Agenzie». Circa il 10% di chi lavora in somministrazione, infatti, è assunto a tempo indeterminato e la curva continua a rimanere in crescita. Per molti altri invece, probabilmente la maggior parte, non lavorare più tramite Agenzia corrisponderà a essere impiegati con formule meno tutelanti o irregolari o ancora a non avere altre opportunità, almeno nell’immediato.
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