19 aprile 2024
Aggiornato 00:30
Economia

Marchionne in ospedale: si chiude bruscamente la sua era alla Fiat

Si prolunga la degenza per l'intervento: al suo posto Manley. Ha segnato un'epoca: dalla fuga di Gm a zero debiti, l'uscita da Confindustria e l'acquisizione di Chrysler

Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca
Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca Foto: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI ANSA

TORINO – Finisce dopo 14 anni l'era Marchionne nel gruppo Fiat. A prendere il suo posto di amministratore delegato di Fca, con quasi un anno di anticipo rispetto ai piani, è il britannico Mike Manley, 54 anni, attualmente a capo dei marchi Jeep e Ram. Scelta interna dunque per il successore di Marchionne, chiamato alla guida del gruppo il 1° giugno 2004, pochi giorni dopo la morte di Umberto Agnelli. La decisione di accelerare la successione è motivata dal peggioramento delle condizioni di salute di Marchionne. «Fca comunica con profonda tristezza che in settimana sono sopraggiunte complicazioni inattese durante la convalescenza post-operatoria, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore. Per questi motivi Marchionne non potrà riprendere la sua attività lavorativa». Questo il comunicato del gruppo giunto poco dopo le 18 di oggi dopo che nella notte erano già trapelate le notizie di una convocazione d'urgenza dei cda del gruppo Fca per decidere la successione del manager. Marchionne, 66 anni lo scorso giugno, avrebbe dovuto lasciare il gruppo Fca, come da piani, nella primavera 2019, nel corso dell'assemblea che approverà i conti 2018. Manley e la squadra di management, ha rassicurato Fca, lavoreranno alla realizzazione del piano di sviluppo 2018-2022 presentato a Balocco il 1° giugno, che assicurerà al gruppo «un futuro sempre più forte e indipendente». Profondamente addolorato si dice John Elkann, presidente di Fca e Exor, che parla di «una situazione impensabile fino a poche ore fa, che lascia a tutti quanti un senso di ingiustizia. Per tanti Sergio è stato un leader illuminato, un punto di riferimento ineguagliabile – ha voluto sottolineare – Per me è stato una persona con cui confrontarsi e di cui fidarsi, un mentore e soprattutto un amico». Toccherà ora Manley proseguire il lavoro di Marchionne.

Vertici rinnovati
Manley è stato nominato Head of Ram Brand a ottobre 2015 ed è Head of Jeep Brand e membro del Group Executive Council dal primo settembre 2011. Nei prossimi giorni sarà convocata un'assemblea degli azionisti per eleggere il manager britannico amministratore esecutivo della società. Nel frattempo, proprio per garantire pieni poteri e continuità all'operatività aziendale, Manley ha ricevuto dal cda le deleghe a operare immediatamente come Ceo di Fca e assumerà anche la responsabilità dell'Area Nafta. Avvicendamenti anche in Ferrari: sarà Louis Carey Camilleri il successore di Marchionne nella carica di amministratore delegato della casa di Maranello mentre presidente sarà John Elkann. Camilleri, classe 1955, è già membro del cda Ferrari ed è attualmente presidente del board di Philip Morris, gruppo in cui ha iniziato a lavorare nel 1978 fino a diventarne Ceo. Suzanne Heywood è invece il nuovo presidente di Cnh Industrial. Nella sua ultima uscita pubblica, lo scorso 26 giugno a Roma per la consegna di una Jeep Wrangler all'Arma dei Carabinieri, Marchionne ha voluto concludere il suo intervento spiegando il perché ci tenesse particolarmente a essere presente quel giorno. «È un motivo più personale – aveva detto – Mio padre era un maresciallo dei Carabinieri. Sono cresciuto con l'uniforme a bande rosse, nell'Arma ritrovo sempre gli stessi valori che sono stati alla base della mia educazione: la serietà, l'onestà, il senso del dovere, la disciplina, lo spirito di servizio».

L'era del maglione blu
Era stato Umberto Agnelli negli ultimi giorni di vita a indicare Sergio Marchionne per il ruolo di amministratore delegato del gruppo Fiat che stava vivendo la più grave crisi nella sua storia ultracentenaria. Quasi tre lustri fa sul futuro della Fiat c'erano solo nubi. L'impero della famiglia Agnelli era oggetto di vertici di governo e riunioni segrete a via XX Settembre organizzate dall'allora ministro Tremonti su piani di nazionalizzazione. La grande GM preferì staccare un assegno da 2 miliardi piuttosto che acquistare Fiat Auto. Quando Marchionne arrivò al timone, il gruppo Fiat in Borsa valeva la miseria di 4 miliardi, non produceva utili ed era schiacciato da un debito da far tremare i polsi. Nella difficile operazione di riassetto, Marchionne ha potuto contare sul sostegno delle principali banche italiane che si erano impegnate con un convertendo da 3 miliardi di euro nei confronti della Fiat che era tecnicamente fallita. Sono state le banche a far naufragare il progetto di nazionalizzare la Fiat, progetto che godeva di un certo sostegno sia dentro una parte del sindacato e sia tra le forze politiche. I manager non si giudicano solo con i numeri. L'era Marchionne non è solo una storia di successo osservando i bilanci. Ha ridisegnato il profilo della Fiat andando oltre l'autocentrismo di Ghidella degli anni '70. In questa operazione il manager venuto da Chieti ha incassato la fiducia dei mercati finanziari per i quali è una autentica star. Oggi la somma delle parti che fanno capo a Exor (Fca, Ferrari e Cnh) capitalizza 65 miliardi, GM si ferma a 54 miliardi, Ford a 42, Peugeot e Renault a una ventina. Un certo provincialismo italiano per anni si è soffermato sul tasso di italianità della Fiat che aveva osato sbarcare negli States e prendersi una derelitta Chrysler e riuscendo in breve tempo a realizzare la prima vera fusione nell'auto. Risultato ancor più significativo dopo la infelice avventura della Daimler con Chrysler. I pregiudizi tedeschi hanno stoppato Marchionne nel disegno del polo europeo con Opel. È Marchionne che ha anticipato il nuovo assetto industriale dell'automotive a stelle e strisce, puntando su pick-up e suv. È sempre dal Lingotto che è partito il messaggio sulla necessità del consolidamento di un settore ad altissima intensità di capitale che è entrato in una profonda rivoluzione che non è solo tecnologica ma ridefinisce il principio stesso di mobilità. Corteggia, non ricambiato, Mary Barra per una fusione con Gm. È sempre Marchionne che in Italia si chiama fuori dal capitalismo di relazione, fa uscire Fiat dal salotto buono di Mediobanca e dall'editoria, e poi da Confindustria. Le sfide non sono certo finite, anzi si moltiplicano con l'aumentare della complessità dei mercati globalizzati. La principale sarà far convivere Jeep, le future auto elettriche, le piccole in Italia ed Europa e il polo del lusso Alfa-Maserati.