Banche venete, decreto slitta a oggi in mattinata
Tutto rinviato a questa mattina. Il decreto banche, rispetto al quale ieri sarebbe dovuto essere il sabato risolutivo, è stato rinviato di ora in ora, fino a quando è stato posticipato ad oggi, probabilmente in mattinata
ROMA - Tutto rinviato a questa mattina. Il decreto banche, rispetto al quale ieri sarebbe dovuto essere il sabato risolutivo, è stato rinviato di ora in ora, fino a quando è stato posticipato ad oggi, probabilmente in mattinata. Tanti ostacoli sulla strada del provvedimento per «salvare» correntisti e obbligazionisti di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza, già problematico in partenza.
Una manovra difficile
Ieri pomeriggio, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è stato ricevuto a Palazzo Chigi dal premier Paolo Gentiloni, in un incontro necessario per definire gli impegni del Governo e le ricadute sui conti pubblici. Fonti dell'esecutivo hanno parlato di forte preoccupazioni. Non a caso, il Consiglio dei ministri, in programma per la mattinata di ieri, è prima slittato alle 18, poi a oggi. Impossibile rimandare ancora, visto che lunedì le due banche venete rischiano di non aprire gli sportelli.
Quale ruolo pubblico?
Uno dei nodi principali è proprio quello del fallimento delle banche. Il decreto prevede innanzitutto l'autorizzazione all'impiego di soldi pubblici per il salvataggio. La bad bank che si dovrà fare carico delle passività e dei crediti inesigibili delle due banche varrà 20 miliardi. Ancora da definire la parte a carico dello Stato. Fino a ieri, si parlava di 6 miliardi solo per questo capitolo, ma fino non è escluso che il conto possa salire a 8 miliardi di euro.
Bad bank
Non si sa ancora, insomma, se il perimentro della Bad Bank comprenderà, oltre al rosso nei bilanci di Veneto Banca e Popolare di Vicenza e gli Npl, anche i crediti in bonis ma con basso rating, come chiede il gruppo guidato da Carlo Messina. Po ci sono gli esuberi quantificati in 4.000 dipendenti, ai quali potrebbero aggiungersi quelli di Intesa Sanpaolo. Tocca al governo rifinanziare il fondo per gestirli e il costo dovrebbe aggirarsi sugli 1,3 miliardi. Parte del ritardo è da attribuire alla trattativa anche su questo fronte. L'intervento dello Stato potrebbe arrivare a 10 miliardi di euro, denaro che finirà direttamente nel debito pubblico. Fonti del governo ieri sera assicuravano che le ultime «limature» riguardavano non il merito ma la «struttura giuridica» del provvedimento.
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