23 agosto 2025
Aggiornato 05:30
Dossier pubblicato su Il Corriere della Sera

Anac: Appalti a Roma? Un «porto franco» senza controlli

Negli ultimi 4 anni, tra l'amministrazione di Alemanno e quella di Marino, a Roma il 43% degli appalti è stato attribuito con trattative private. Secondo l'Anac «la prassi rilevata ha una genesi lontana nel tempo»

ROMA - A Roma tra il 2011 e il 2014 durante le amministrazioni Alemanno e Marino, che si sono succedute in Campidoglio negli ultimi quattro anni, negli appalti si è fatto un «massiccio e indiscriminato ricorso a procedura non a evidenza pubblica in grado di assorbire di fatto, in termini quantitativi, quasi il 90 per cento delle procedure espletate», per un valore complessivo pari al 43 per cento degli appalti affidati. Poco meno della metà dei lavori e dei servizi assegnati nella capitale e pagati con denaro pubblico sono stati quindi attribuiti attraverso trattative private, scegliendo di fatto i beneficiari. E' quanto si legge in un dossier pubblicato oggi dal Corriere della Sera che riporta le conclusioni della relazione dell'Autorità nazionale anticorruzione sugli appalti a Roma, consegnata lo scorso 7 agosto al presidente Raffaele Cantone, e ora inviate al sindaco Marino e al prefetto Gabrielli, perché valutino le iniziative di rispettiva competenza, alla Procura della Repubblica (Direzione distrettuale antimafia) e alla Procura della Corte dei conti per gli eventuali, ulteriori accertamenti che vorranno svolgere.

La prassi ha «genesi lontana»
Secondo l'Anac «la prassi rilevata ha una genesi lontana nel tempo e rappresenta in molti casi più un lucido escamotage che ha orientato l'attività contrattuale degli uffici verso un percorso semplificato foriero, come confermato dai recenti fatti di cronaca, di distorsioni anche di carattere corruttivo piuttosto che dalle condizioni di straordinarietà che hanno caratterizzato l'attività politico-amministrativa di Roma Capitale negli ultimi anni». La relazione dell'Anticorruzione descrive poi il sistema di assegnazione dei lavori a Roma come un «'porto franco' scevro dal rispetto delle regole e funzionale esclusivamente al raggiungimento di obiettivi estranei agli interessi della collettività».

Cosa è successo con Alemanno e Marino
Sul periodo di governo Alemanno, che in due anni e mezzo ha speso più di cinque miliardi di euro, la relazione si limita a illustrare il dato del forte ricorso alle procedure negoziate: quasi due miliardi, il 36 per cento del totale, senza che vengano fornite giustificazioni. Per quanto riguarda la giunta Marino invece (1 miliardo e 364 milioni in un anno e mezzo) le procedure negoziate sono salite all'87 per cento del totale, anche se per un importo complessivo dimezzato o poco più.

(con fonte Askanews)