19 marzo 2024
Aggiornato 03:30
Giro di vite del governo contro quelli che considera traditori del regime

Cina, Dopo il crollo delle borse scatta la repressione contro gli speculatori finanziari

Ma il regime deve aspettare lo svolgimento della maxi-parata che si svolgerà questa settimana per commemorare la vittoria nella guerra sino-giapponese

ROMA (askanews) - Basta con la carota, adesso Pechino ha deciso che per rimettere in riga i mercati ci vuole il bastone. Secondo il Financial Times le autorità sono insoddisfatte dei risultati ottenuti mediante i massicci interventi espansivi effettuati negli ultimi due mesi contro i crolli dei mercati azionari, e si apprestano a ridurre queste operazioni per rafforzare invece le misure repressive, contro tutti coloro ritenuti responsabili di «destabilizzazione».

Pechino intende punire gli speculatori
Inoltre i policy maker del gigante asiatico avrebbero concluso che si è anche esagerato con la trasparenza sulle informazioni: si è lasciato che troppe fossero di dominio pubblico. Il quotidiano finanziario cita il resoconto di un vertice tenuto giovedì scorso. Pechino ora intenderebbe punire coloro che hanno approfittato delle manovre pubbliche per ottenere profitti mentre ostacolavano l'obiettivo governativo di stabilizzare i mercati. La scorsa settimana l'autorità di vigilanza ha convocato una ventina di società di brokerage intimando loro di aumentare i controlli e riferendo che di recente 22 casi di insider trading o manipolazioni dei mercati sono stati trasmessi alla polizia.

Prima la parata, poi il giro di vite
L'unico intoppo è che per effettuare questo giro di vite bisognerà attendere ancora qualche giorno perché le autorità non vogliono guastare il clima trionfalistico per la mega parata militare con cui questa settimana verrà celebrato il 70esimo anniversario della vittoria nella II guerra sino giapponese. Oggi Shanghai ha chiuso con un limitato meno 0,78 per cento, la più piccola Shenzhen con un calo più marcato, meno 2,44 per cento, mentre Hong Kong con un più 0,27 per cento. In generale, l'azionario cinese ha perso circa il 37 per cento rispetto al picco di metà giugno, nonostante il fatto che negli ultimi mesi il gigante asiatico abbia speso l'equivalente di 200 miliardi di dollari per arginare la caduta, e mobilitando un quantitativo di fondi ancora più rilevante. Intanto Goldman Sachs è solo l'ultima tra diverse banche d'affari e istituzioni ad aver rivisto al ribasso le previsioni di crescita sulla Cina: 2016 6,4 per cento, 2017 6,1 per cento, 2018 5,8 per cento, circa 0,4 punti in meno rispetto alle stime precedenti.