7 novembre 2024
Aggiornato 22:30
«Il governo italiano deve indagare su cosa accade»

Amnesty: Shell ed ENI stanno continuando a inquinare la Nigeria

La Ong ha denunciato che leggendo i dati forniti dalle due compagnie petrolifere «anche nel 2014 sono proseguite le fuoriuscite di petrolio nel Delta del fiume Niger». I due colossi energetici hanno ammesso un totale di oltre 550 perdite. Per contrasto, «in tutto il continente europeo dal 1971 al 2011 sono state registrate solo 10» casi del genere all'anno.

ABUJA – Amnesty International contro Shell ed Eni in Nigeria. La Ong ha denunciato che leggendo i dati forniti dalle due compagnie petrolifere «anche nel 2014 sono proseguite le fuoriuscite di petrolio nel Delta del fiume Niger». I due colossi energetici hanno ammesso un totale di oltre 550 fuoriuscite. Shell ne ha dichiarati 204, mentre Eni, che opera in una zona più piccola, 349 fuoriuscite. Per contrasto, «in tutto il continente europeo dal 1971 al 2011 sono state registrate solo 10 fuoriuscite ogni anno», ha sottolineato Amnesty.

UN'EMERGENZA DIMENTICATA - «Questi dati sono fortemente allarmanti. Eni ha chiaramente perso il controllo sulle sue operazioni nel Delta del Niger mentre Shell, nonostante tutte le sue promesse, non ha fatto passi avanti nel contrastare le fuoriuscite» ha dichiarato Audrey Gaughran, direttrice del Programma Temi globali di Amnesty International. Gaughran ha continuato: «In qualsiasi altro paese, saremmo di fronte a un'emergenza nazionale. In Nigeria invece per l'industria del petrolio si tratta di procedure operative standard. Il costo umano è terribile: la popolazione del Delta del Niger vive in mezzo all'inquinamento ogni giorno della sua vita». Le compagnie petrolifere hanno dichiarato che le fuoriuscite del 2014 hanno causato la perdita di soli 30mila barili (equivalenti a cinque milioni di litri). «Tuttavia, a causa di un sistema di reportistica assai carente, è assai probabile che quella cifra sia sottostimata in modo significativo», ha ipotizzato la Ong. Secondo Eni e Shell la gran parte delle fuoriuscite è da attribuire ad azioni di sabotaggio o a furti.

SHELL CONDANNATA, ITALIA INDAGHI - Nel 2014 però, dopo un'azione legale nel Regno Unito, Shell è stata costretta ad ammettere di aver sottostimato la dimensione di due grandi fuoriuscite avvenute nel 2008 nel Delta del Niger e per questo è stata condannata al pagamento di un risarcimento di 55 milioni di sterline alla comunità di Bodo. Durante il processo è emerso che Shell era a conoscenza da tempo dello stato antiquato e pericoloso di uno dei suoi principali oleodotti, ma non vi aveva posto rimedio. Per quanto riguarda Eni invece, Amnesty ha ricordato che «alle 349 fuoriuscite del 2014, vanno aggiunte le oltre 500 del 2013 mentre, per quanto riguarda il 2012, l'organismo di controllo locale ne ha attribuite a Eni 474». Per questi motivi Gaughran ha detto che «il governo italiano deve indagare su cosa accade nelle operazioni dell'Eni in Nigeria. I numeri sollevano forti perplessità sulla potenziale negligenza della compagnia in un lungo arco di tempo passato». Eni non ha voluto commentare quanto riportato dalla Ong.

IL 28 MARZO NIGERIA AL VOTO - Il comunicato di Amnesty è arrivato in piena campagna elettorale nel Paese africano, che il 28 marzo è chiamato alle urne per scegliere il futuro presidente. Il voto è stato ritardato di 6 settimane, ha sostenuto il presidente in carica Jonathan Goodluck, per far fronte alle operazioni contro il gruppo terroristico di Boko Haram. A contendersi il potere c'è il Pdp di Goodluck e l'Apc di Muhammad Buhari, dato oggi per favorito. Una sfida importante per il Paese che fornisce il 20 per cento del petrolio consumato in Europa.