24 giugno 2025
Aggiornato 22:00
La crisi in Europa

Le misure della BCE? Inutili

Rischiano di avere effetti limitati sul tanto invocato rilancio degli investimenti, gli imminenti nuovi rifinanziamenti agevolati alle banche (e vincolati al riutilizzo nell'economia reale) che la BCE si appresta a sbloccare.

FRANCOFORTE - Rischiano di avere effetti limitati sul tanto invocato rilancio degli investimenti, gli imminenti nuovi rifinanziamenti agevolati alle banche (e vincolati al riutilizzo nell'economia reale) che la Bce si appresta a sbloccare. Giovedì verranno annunciati i risultati della prima operazione, di questi fondi chiamati in gergo tecnico «Tltro» (l'acronimo inglese di operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine). L'ammontare di questa prima «iniezione» potrebbe anche raggiungere livelli di spettacolarità utili a un eventuale «effetto mediatico». Ma secondo gli analisti dell'agenzia di rating Fitch «è improbabile che impartiscano una svolta ai finanziamenti» dove servirebbe di più: nell'Europa meridionale.

Soprattutto questo intervento quasi a nulla serve per sciogliere quello che appare uno dei nodi più intricati nella mancata ripartenza di Eurolandia: le imprese non investono nemmeno se hanno i soldi per farlo. Secondo i dati della società di revisioni contabili Deloitte, citati dal Financial Times, l'insieme delle società quotate nell'area economica di Europa, Medio oriente e Africa - di cui ovviamente l'Ue è la principale - ha delle disponibilità di liquidità che hanno raggiunto 1.000 miliardi di euro. Ben 300 miliardi in più rispetto ai livelli del 2007, prima che esplodesse la crisi finanziaria globale.

E solo nell'ultimo anno, le 1.200 società che compongono l'indice Bloomberg Emea hanno aggiunto ulteriori 47 miliardi di euro alle loro disponibilità di cassa. Ma appunto questi fondi da lì non si muovono o quasi: restano in cassa, di riserva, o al massimo vengono parcheggiati su investimenti finanziari di breve periodo.

Di ulteriori nuovi finanziamenti a prezzi ultraribassati da parte delle banche, le grandi società europee non sembrano avere impellente bisogno. Perché possono già reperire tutte le liquidità che servono direttamente sul mercato, emettendo obbligazioni a tassi retributivi molto bassi. Il quotidiano cita il caso del conglomerato industriale tedesco Siemens: a giugno aveva accumulato liquidità per 8,2 miliardi di euro, mentre il suo indebitamento netto è salito da 2,8 a 5,6 miliardi in meno di un anno.

Sono numerose le grandi compagnie della Germania - prima economia e locomotiva dell'area euro - che registrano situazioni simili. A Daimler (il gruppo che controlla Mercedes) le liquidità avevano raggiunto quota 9,3 miliardi di euro alla fine dello scorso anno, contro un solo miliardo di fine 2008. A Basf le liquidità si attestavano a 2,4 miliardi a giugno, 200 milioni in più rispetto ad un anno prima. Tutto questo «suggerisce che le imprese europee restano restie a impegnare su investimenti quote significative delle loro riserve».

Le banche quindi dovrebbero ipoteticamente finanziare iniziative su cui le imprese non sono disposte a rischiare le loro pur ingenti riserve. Ma la stessa propensione delle banche a erogare credito all'economia «potrebbe restare debole, a dispetto delle condizioni monetarie», dicono ancora gli analisti di Fitch nel rapporto.

Le banche invece potrebbero far ricorso a questi Tltro già sapendo di non volersi vincolare all'effettivo pieno riutilizzo nell'economia reale, semplicemente accettando di averli per un periodo inferiore a quello totale dell'operazione. Il rifianziamento di giovedì scadrà nel settembre del 2018, ma gli istituti che non dovessero centrare i requisiti di impieghi necessari, dice Fitch, potrebbero semplicemente dover restituire i fondi due anni prima: nel settembre 2016. «Avranno comunque ottenuto il beneficio di due anni di rifinanziamenti a basso costo».