Poletti: sul Jobs act si continuerà a discutere. Ncd: voteremo la fiducia
Il ministro del Lavoro: «Il ministro per i Rapporti con il Parlamento presenterà il decreto in Aula e chiederà il voto di fiducia». Nunzia De Girolamo: «Non rinunciamo alla battaglia al Senato». Forza Italia attacca, maggioranza allo sbando
ROMA - Dopo la questione di fiducia che il governo ha posto alla Camera sul dl lavoro il confronto continuerà al Senato, ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Il ministro per i Rapporti con il Parlamento presenterà il decreto in Aula - ha detto Poletti - e chiederà il voto di fiducia». A chi gli chiedeva se questo sia il testo definitivo o se il confronto continuerà al Senato, il ministro ha risposto: «Si continuerà a discutere naturalmente».
NCD, VOTIAMO FIDUCIA - Il Nuovo centrodestra dal canto suo è tornato indietro sullo strappo nella maggioranza e ha annunciato che voterà alla Camera la fiducia sul Jobs act. La vicenda non è però chiusa per il partito di Alfano che in Senato darà «battaglia» per modificare il testo. A dirlo la dirigenza del Ncd durante una conferenza stampa convocata appositamente.
DAREMO BATTAGLIA IN SENATO - Il Ncd poi ha accusato il Pd di aver respinto, durante il vertice governo-maggioranza che si è tenuto a Montecitorio sul decreto, la proposta di mediazione avanzata dal ministro del lavoro, Giuliano Poletti. «Noi - ha detto Maurizio Sacconi - avevamo detto di sì alla proposta di mediazione di Poletti. E' stato il Pd a dire di no». Quindi il Ncd voterà la fiducia alla Camera «ma - ha sottolineato Nunzia De Girolamo - non rinunciamo alla battaglia al Senato».
PROBLEMA E' PD - Se c'è un problema di governo «è del Pd» perché è «stato Damiano a opporsi alla mediazione del ministro Poletti che noi avevamo accettato. Forse Renzi dovrà convocare un tavolo all'interno del partito», ha continuato Sacconi.
FITTO (FI), MAGGIORANZA IN CONTRADDIZIONE - Per Raffaele Fitto di Forza Italia, nonostante la crisi sia stata superata per il momento, «il fatto che il governo si sia affrettato a porre la fiducia sul decreto lavoro, e a porla sul testo fortemente peggiorato dopo il passaggio in Commissione Lavoro, mostra due cose. La prima è che, dopo poche settimane, emergono le evidenti contraddizioni parlamentari di una maggioranza che contiene tutto e il contrario di tutto. Solo il mantello della fiducia può richiamare tutti all'ordine. La seconda è che un provvedimento che era nato (forse l'unico del governo Renzi) con elementi innovativi è stato smontato pezzo dopo pezzo proprio dal Pd per accontentare le componenti di vecchia sinistra, che dunque mostrano di avere ancora un peso parlamentare determinante. Altro che rottamazione: sul terreno dei contenuti, è Renzi - conclude Fitto - che arretra».
BRUNETTA, RENZI VA A SBATTERE - Anche per Renato Brunetta l'esecutivo è in difficoltà: «Renzi è costretto a mettere la fiducia, indecente e immorale, nonostante la sua enorme maggioranza perché la sua enorme maggioranza è indecisa a tutto». Il capogruppo di Forza Italia alla Camera ha aggiunto che Le forze della maggioranza «hanno già deciso di fare cambiamenti quando il provvedimento arriverà in Senato». Secondo l'esponente di Fi quindi si tratta di una «sfiducia». «Altro che correre», il «treno» di Matteo Renzi «va avanti ma per andare a sbattere».
DAMIANO (PD), TESTO GRANDE EQUILIBRIO - Di tutt'altro avviso Cesare Damiano del Pd. Secondo lui la decisione del governo di porre la fiducia sul decreto lavoro «ci trova concordi dato che non è stato possibile trovare altri punti di incontro per ulteriori modifiche». Per Damiano il provvedimento è «un testo di grande equilibrio» nel quale si garantisce «flessibilità alle imprese senza negare i diritti dei lavoratori». Quanto all'apprendistato, è stato corretto un «errore» del governo.
- 26/09/2018 La Consulta boccia il 'cuore' del Jobs Act. E Di Maio esulta
- 26/09/2018 La Corte Costituzionale boccia il 'cuore' del Jobs Act
- 06/07/2018 Lavoro a tempo indeterminato, il grande flop del jobs act
- 24/10/2017 Il governo teme l'effetto Le Pen alle prossime elezioni e blocca lo scandalo dell'Ilva