30 maggio 2023
Aggiornato 22:00
Petrolio

Shell: troppi intoppi, sospese le trivellazioni in Alaska

«Questo è un risultato deludente, ma la mancanza di un percorso chiaro fa sì che io non sia pronto a impegnarmi per stanziare altre risorse per nuove trivellazioni in Alaska nel 2014», ha detto al Wall Street Journal Ben van Beurden, amministratore delegato del colosso petrolifero anglo-olandese

NEW YORK - Dopo la sentenza di una corte d'Appello federale in cui si sostiene che il governo degli Stati Uniti ha fatto affidamento a «informazioni inadeguate» per assegnare le licenze per la ricerca di petrolio in Alaska, Shell ha deciso di sospendere il progetto di trivellazioni nel mare Artico. «Questo è un risultato deludente, ma la mancanza di un percorso chiaro fa sì che io non sia pronto a impegnarmi per stanziare altre risorse per nuove trivellazioni in Alaska nel 2014», ha detto al Wall Street Journal Ben van Beurden, amministratore delegato del colosso petrolifero anglo-olandese.

La storia di Shell e delle trivellazioni in cerca di siti offshore di petrolio e gas nello Stato americano è iniziata nel 2008. Il gruppo ha speso più di 5 miliardi di dollari in permessi, personale e macchinari senza riuscire a far partire il progetto. Infatti le perforazioni sono iniziate solo nel 2012, dopo quattro anni di battaglie legali con diverse associazioni ambientaliste.

Tuttavia il colosso ha avuto diversi problemi tecnici, tra i quali le difficoltà causate dal ghiaccio sulla superficie del mare, problemi con le trivelle e una multa da 1,1 milioni di dollari per la violazione del Clean Air Act, la legge americana che valuta i livelli massimi di inquinamento dell'aria: proprio lo scorso gennaio Shell aveva interrotto le attività dopo il naufragio della piattaforma petrolifera Kulluk vicino all'isola Kodiak, considerato un paradiso della biodiversità.

Shell aveva fatto pressioni sulla Casa Bianca per poter ricominciare le attività estrattive ricordando all'amministrazione Obama di aver compreso gli errori commessi e di essere pronta a ricominciare le trivellazioni al più presto.

Una promessa non rispettata. Lo stop ai lavori non è solo legato alla decisione del tribunale, ma anche ai conti deludenti della società petrolifera: nel quarto trimestre del 2013 ha visto diminuire del 71% i suoi profitti rispetto allo stesso periodo del 2012, cosa che ha spinto il gruppo a vendere alcuni asset in Brasile e in Australia.

In questo quadro sembra però che il gruppo americano non voglia mollare: «Siamo in contatto con le agenzie governative e con i tribunali per risolvere le cause aperte il più velocemente possibile», ha concluso van Beurden.