Lavoro: Napolitano, a breve il ddl
Il Presidente della Repubblica: La riforma è pensata proprio per crescita e occupazione. Il problema è la stagnazione. Dunque non reggono le critiche secondo cui, così facendo, l'esecutivo non si occupa di crescita. Perché è esattamente questo il modo per occuparsene
AMMAN - Non era sua intenzione parlare di riforma del mercato del lavoro italiano da Amman. Ma alla fine Giorgio Napolitano cede, trascinato dalla domanda di un cronista. Tanto più che la Giordania, paese che visita fino a domani invitato da re Abdallah II, è pure impegnata in un processo di riforme (compresa quella della legge elettorale) che puntano ad una maggiore democrazia. Con le dovute differenze, le similitudini con l'Italia non mancano. In conferenza stampa all'hotel 'Four Season', al capo dello Stato viene chiesto se la modifica dell'articolo 18 prospettata dal governo Monti possa favorire l'occupazione, anche alla luce degli ultimi dati allarmanti dell'Istat sulla disoccupazione in Italia. E' il 'la' che Napolitano sfrutta per difendere la bontà del progetto dell'esecutivo.
La cura proposta da Palazzo Chigi è a fin di bene. Il testo Fornero, con la modifica dell'articolo 18, è nato «nella convinzione che ciò possa agevolare la crescita degli investimenti in Italia», spiega Napolitano. Dunque, secondo il capo dello Stato, non reggono le critiche secondo cui, così facendo, l'esecutivo non si occupa di crescita. Perché è esattamente questo il modo per occuparsene. In una frase: il governo ritiene che «l'ostacolo» a «nuove prospettive per l'occupazione» stia nella «situazione non soddisfacente, molto farraginosa che si è venuta a determinare nell'ambito del mercato del lavoro». Articolo 18 compreso.
A breve il DDL - Ad Amman Napolitano annuncia che il ddl governativo sarà pronto a giorni e che già domani sera se ne occuperà, fermo restando che sta al premier Monti limare il testo con Fornero e gli altri ministri interessati per poi sottoporlo alla firma al capo dello Stato, in modo che ne venga autorizzato il passaggio parlamentare. In ogni caso, non servono falsi miti, sembra voler dire il presidente della Repubblica quando cita l'esempio della vertenza Alcoa, che giorni fa si è conclusa a Palazzo Chigi con l'impegno dell'azienda a garantire la produzione fino al 31 dicembre.
Abbiamo impedito la chiusura dell'Alcoa, altro che articolo 18 - «I dati Istat sull'occupazione, che ancora non ho guardato, possono aggiungere qualcosa di più preoccupante, ma sappiamo benissimo che esiste un problema molto serio di stagnazione e 'non crescita', di rischi occupazionali per le crisi aziendali di imprese piccole e grossi insediamenti».
Quindi il capo dello Stato ha proseguito: «Abbiamo dovuto, anzi il governo ha disinnescato giorni fa, in un quadro di sollecitazioni in cui io non sono stato estraneo, il rischio di chiusura dell'Alcoa in Sardegna, che avrebbe determinato la perdita di centinaia e centinaia di posti di lavoro». Si tratta, ha aggiunto, di una «materia che non ha a che fare con l'articolo 18 vigente, quello non toccato e in attesa di riforma: se l'Alcoa avesse chiuso, altro che licenziamenti da modifica dell'articolo 18. Ci sarebbe stata una grossa fetta di licenziamenti esecutivi».
Napolitano ha citato i «cambiamenti tecnologici, le flessioni della domanda interna e di quella internazionale. Questo - ha detto - è il grumo di questioni con cui il governo è alle prese per aprire nuove prospettive di crescita su un piano che deve essere segnato da nuove politiche di sviluppo su scala europea».
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