29 marzo 2024
Aggiornato 07:30
Salvare l'euro

La politica e la finanza: due mondi che non si comprendono

La crisi dei debiti sovrani dell'area Euro, crisi della quale l'Italia sta pagando in questi giorni le conseguenze, ha un'origine tutta politica

FIRENZE - La grande crisi del 2008 è stata causata prioritariamente dalle istituzioni finanziarie americane le quali, complici regole carenti e grande liquidità, hanno posto in atto comportamenti scellerati innalzando fino all'inverosimile il livello di rischio delle loro operazioni finanziarie.
La crisi dei debiti sovrani dell'area Euro, crisi della quale l'Italia sta pagando in questi giorni le conseguenze, ha un'origine tutta politica. Mi riferisco in particolare ai politici europei. L'Italia certamente ha una classe politica complessivamente inqualificabile, ma le vere colpe politiche di questa situazione vanno ricercata nell'incredibile ignavia e miopia di chi realmente comanda in Europa, a cominciare dalla Merkel.
L'intollerabile lentezza con la quale hanno affrontato il problema della Grecia, ha generato prima il contagio al Portogallo e l'Irlanda e adesso l'accatto all'Italia, che per il momento sembra fallito.
Purtroppo, a giudicare dalle prime reazioni politiche di ieri e di oggi, bisogna ancora una volta costatare che questi politici stanno per l'ennesima volta sottostimando la dimensione del problema.

Penso che possa essere utile far capire ai moltissimi risparmiatori italiani che possiedono titoli di stato alcuni concetti nel modo più chiaro possibile.
1. La nostra nazione ha un debito pubblico molto elevato, ma anche molto ben gestito ed è perfettamente sostenibile in condizioni finanziarie normali. Il problema più grande dell'Italia non è il suo debito pubblico, ma il basso livello di crescita dell'economica. Il debito deve diminuire, questo è ovvio, ma contemporaneamente si deve stimolare la crescita attraverso le molte «riforme a costo zero» che da troppi anni non si fanno.
2. Nessuna nazione (comprese: USA, Inghilterra, Giappone, Francia, Germania, ecc.) può reggere ad un attacco ai propri titoli di stato che si protrae per giorni o settimane. Se il debito è quindi sostenibile in condizioni normali, non lo diventa più se le vendite incontrollate non si placano immediatamente (mentre scrivo ci sono riacquisti importanti, ma non possiamo certo dire di essere fuori dal problema).
3. Vendere i titoli di stato per la paura di un successo dell'attacco speculativo è la cosa più sbagliata che si possa fare. I grandi investitori che hanno venduto titoli di stato italiani nei giorni passati sanno calcolare tutti i rischi e le alternative. Il risparmiatore normale che si fa prendere dalla paura rimarrà quasi certamente scottato. Accodarsi alla speculazione è quasi sempre una pessima idea.
4. Non ci sono alternative ad una soluzione politica. Questo è il punto fondamentale. Non possiamo aspettarci la fine del problema se non verranno prese incisive misure politiche (possibilissime, manca solo la volontà politica!) ma al tempo stesso non ci sono alternative possibili per gli investitori. La mancata soluzione del problema dell'Euro, infatti, condurrebbe ad una crisi tale che nessuna attività finanziaria alternativa verrebbe salvata. Avere i soldi sul conto corrente (o su altre obbligazioni) non metterebbe certo al riparo da un'uscita dell'Italia (e di molti altri Paesi) dall'Euro. Gli investitori non posso far altro che sperare che i politici europei si sveglino da questo incredibile torpore che li ha colpiti da oltre un anno.

Ma cosa dovrebbero fare, esattamente? Ovviamente chi scrive non ha alcun titolo per dare consigli, ma le ricette sono state da tempo indicate da molte fonti autorevoli.
Fino ad oggi il problema principale è stata la tempistica. Non è stato fatto poco, ma è stato fatto troppo tardi. Questo ha ingigantito il problema e resa insufficiente la medicina che sarebbe stata adeguata se fosse stata assunta con tempismo. Quello che i politici sembrano non capire è che nei mercati finanziari i tempi non sono minimamente paragonabili a quelli della politica. In tre giorni può cambiare completamente lo scenario: o si agisce subito oppure bisogna reagire ad un scenario diverso. La crisi Greca andava bloccata immediatamente. Non si è fatto e quindi abbiamo avuto la crisi dei debiti periferici (Grecia, Irlanda e Portogallo). Si è risposto a questa seconda crisi con misure più incisive, ma sempre dello stesso tenore, come se fossero casi isolati. Il risultato è che adesso abbiamo un attacco diretto all'Euro. Adesso non potranno più rimandare. Se rimanderanno ancora, più presto che tardi si troveranno al bivio: mantenere l'Euro o no?
Non si può avere una moneta unica e diverse politiche di gestione del debito pubblico. I politici europei avrebbero almeno due strumenti in grado di porre immediatamente fine al problema:

a) la BCE dichiara pubblicamente che acquisterà sul mercato secondario i titoli di stato dei Paesi che hanno dimostrato e dimostrano di tenere politiche di bilancio virtuose, al preciso scopo di mantenere gli spread sui tassi entro determinati limiti stabiliti. Questa ipotesi è praticabilissima, non ci sono problemi di fondi. C'è solo il rischio (calcolato) di generare inflazione, ma davanti al baratro del fallimento dell'euro, il rischio di un innalzamento dell'inflazione è percorribile. Ricordiamo istituzionalmente la BCE ha due compiti: mantenere la stabilità dei prezzi e mantenere la stabilità del sistema finanziario. La BCE deve trovare un equilibrio tra le due cose. E' ovvio che senza l'Euro, non c'è stabilità dei prezzi.

b) gli Stati membri decidono di trasformare una parte consistente (ad esempio il 60%) dei loro debiti pubblici in debiti pubblici del complesso dell'Unione con l'emissione di EuroBond. Questo secondo punto implica, ovviamente, l'istituzione di un ministero della Finanze europeo che abbia stringenti poteri anche sulle finanze interne dei singoli Paesi, e quindi una serie di negoziati e tempi necessariamente lunghi. La trasformazione di parte dei debiti pubblici dei singoli Stati in debito europeo può essere fatto con diverse soluzioni tecniche e diversa gradualità, ma la strada non può che essere quella.
Il solo annuncio di queste due misure bloccherebbe immediatamente la crisi finanziaria.
Perché non si fa? Essenzialmente per la miope opposizione della Germania.
La fine dell'Euro sarebbe un disastro per l'economia mondiale. Provocherebbe una nuova recessione e sarebbe un vero e proprio disastro per molte nazioni europee, ma la Germania sarebbe una di quelle che pagherebbe il conto più salato. Tanto per cominciare il proprio sistema bancario difficilmente reggerebbe il colpo. Le conseguenze sarebbero imprevedibili, ma non v'è dubbio che la Germania oggi è così forte grazie all'Euro e non nonostante l'euro. Altre nazioni che fino a 15 anni fa se la cavavano grazie alla svalutazione non possono dire altrettanto.
Perché allora questa miopia della Germania? Francamente è incomprensibile.
Se avessimo uno statista come Kohl, che impose il cambio alla pari all'epoca delle riunificazione della Germania, alla guida del Governo tedesco avremmo da tempo superato la crisi dell'euro. Il panorama dei leader politici europei invece è fatto di Merkel, Sarkozy, Berlusconi...

Nonostante questo, personalmente sono convinto che avendo il baratro davanti agli occhi, anche dei miopi inetti come questi signori non potranno che fare la scelta obbliga di salvare l'Euro. I mezzi a disposizione dell'Europa per farlo ci sono tutti. Non si tratta affatto di un problema irrisolvibile, ma di un problema di volontà politica.

Alessandro Pedone, responsabile Aduc per la Tutela del Risparmio