28 agosto 2025
Aggiornato 06:30
Il richiamo del Presidente della Repubblica

Napolitano alla politica e i sindacati: Sfide dure, basta ipocrisie

Il Quirinale in occasione della festa del Primo maggio: «Moniti su problemi veri: non liquidarli con cortesia istituzionale»

ROMA - Il «richiamo alla durezza delle sfide» contro la conflittualità esasperata e l'immobilismo della politica, la realtà contro le «ipocrisie istituzionali», le incognite vere alle quali rischia di andare incontro il Paese contro la miopia di chi ha ruoli di responsabilità. In occasione della festa del Primo maggio, che è stata anticipata ad oggi con una cerimonia al Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha lanciato il suo appello a tutti, forze politiche e sociali, cittadini e amministratori, operai e padroni.

Il capo dello Stato si è chiesto «se è inevitabile l'attuale grado di conflittualità, se è impossibile l'individuazione di interessi e di impegni comuni», se «si tema davvero che possa prodursi un eccesso di consensualità o un rischio di cancellazione dei rispetti tratti identitari e ruoli essenziali». Domande retoriche, ovviamente, ma Napolitano le ha riproposte alla platea di politici, a cominciare dal ministro Maurizio Sacconi, e sindacalisti (non solo gli attuali leader di Cgil-Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, ma anche Sergio Cofferati e Sergio D'Antoni oltre ai rappresentanti dell'Ugl). Perchè - ed è quasi una denuncia dopo molti moniti non ascoltati o strumentalizzati soprattutto nel giro dell'ultimo anno - «talvolta sembra quasi che l'accogliere oppure no, il far propri sinceramente oppure no quei miei richiami o comunque si vogliano definire, sia una questione di galateo istituzionale o un esercizio di ipocrisia istituzionale».

Ma quei richiami, ha insistito il presidente, nascono da fatti concreti, da analisi, da dati (la lentissima crescita del Pil, la disoccupazione giovanile a livelli allarmanti) e non sempre «si potrà sfuggire alle responsabilità senza mettere a repentaglio quel qualcosa di più grande che ci unisce, quel comune interesse nazionale che non è un ingannevole simulacro e senza finire per pagare prezzi pesanti in termini di consenso». Quindi ognuno deve fare la sua parte.

Oggi l'Italia è più che mai una Repubblica fondata sul lavoro e deve tentare di «esserlo di più e non di meno», ha ribadito Napolitano riprendendo le parole di Giuliano Amato durante la cerimonia (parole sottolineate anche da Paola Cortellesi che ha recitato, applauditissima, l'articolo 1 della Costituzione). A questo proposito il capo dello Stato ha invitato all'unità sindacale perchè una sua rottura «può portare solo al peggio dal punto di vista del peso e del ruolo del lavoro e delle sue rappresentanze». E porta al peggio «la rinuncia a sforzi pazienti di ritessitura quando si producano lacerazioni e diventino indispensabili dei ripensamenti».