26 aprile 2024
Aggiornato 00:00
La crisi del debito

Eurobond, ritorna il dibattito UE con l'opposizione tedesca

Dalla Commissione reazioni del tipo «vorrei ma non posso» alle obbligazioni sovrane dell'Ue emesse da un'Agenzia europea del debito

BRUXELLES - L'idea degli 'E-bond', o 'eurobond' - obbligazioni sovrane dell'Ue emesse da un'Agenzia europea del debito (Eda), come soluzione 'forte e sistemica' alla crisi finanziaria -, che hanno lanciato oggi sul Financial Times il ministro italiano dell'economia Giulio Tremonti e il presidente dell'eurogruppo e premier lussemburghese, Jean-Claude Juncker, è stata giudicata «intellettualmente interessante» dal portavoce del commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn. Il portavoce, Amadeu Altafaj, riferendo le posizioni del commissario ha tuttavia avvertito che ne va valutata «la fattibilità tecnica e legale, così come quella politica».
In sostanza, traducendo, gli ostacoli da superare sono la necessaria modifica del Trattato Ue, che obbliga il bilancio comunitario a chiudere ogni anno in pareggio, e la forte opposizione ideologica della Germania ad accettare l'idea stessa di un debito comune a tutti i paesi membri, con un unico tasso d'interesse, che non permetterebbe più ai mercati, come avviene oggi, di penalizzare i paesi 'lassisti' e premiare quelli più rigorosi nella gestione del proprio bilancio.

La posizione del tipo «vorrei ma non posso» del commissario Rehn, era stata già stata espressa in passato non solo dallo stesso Rehn e dal suo predecessore, Jaoquìn Almunia, ma anche dal presidente della Commissione, José Manuel Barroso. Poprio Barroso, in serata, alle domande dei cronisti ha risposto: «Prima di commentare ho bisogno di essere sicuro della fattibilità politica della proposta... preferisco non fare nessun ulteriore commento vista la situazione delicata che c'è sui mercati in questo momento».

Da quasi vent'anni la proposta dell'emissione di «Eurobond» ritorna periodicamente nel dibattito politico europeo, venendo inevitabilmente bloccata dai tedeschi. Ci aveva provato per la prima volta, all'inizio degli anni '90, Jacques Delors, presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995, e l'avevano poi caldeggiata, fra gli altri, oltre allo stesso Tremonti, Romano Prodi, Mario Monti e anche, in maniera bipartisan, due dirigenti dei gruppi politici italiani maggiori nell'Europarlamento, Mario Mauro (Pdl) e Gianni Pittella (Pd). Gli scorsi tentativi, tutti abortiti, avevano comunque caratteristiche diverse dalla proposta Tremonti-Juncker di oggi: come ha puntualizzato una portavoce della Commissione europea, gli eurobond finora erano sempre stati pensati come strumenti legati strettamente a progetti di investimenti produttivi e strutturali (e infrastrutturali), e non a un generico finanziamento 'europeizzato' dei debiti sovrani degli Stati membri. Lo ha spiegato questo pomeriggio lo stesso Pittella, vicepresidente del Parlamento europeo, in una nota congiunta con l'ex leader della Cgil Sergio Cofferati, ora anche lui eurodeputato.

«Finalmente - hanno osservato - anche Tremonti e Juncker si stanno convincendo dell'utilità di questo strumento... Per noi però, a differenza di quanto propongono loro, gli eurobond non sono soltanto uno strumento per europeizzare il debito e quindi rinsanguare le finanze nazionali, ma anche uno straordinario volano per interventi pubblici su scala europea, oggi indispensabili per evitare la spirale deflazionistica e depressiva frutto avvelenato della crisi». Secondo Pittella e Cofferati, sarebbe possibile, con gli eurobond, «raccogliere una provvista finanziaria di 1.000 miliardi di euro all'anno, risorse che possono essere impiegate per un grande Piano europeo di investimenti, a partire dalle 30 reti trans europee e dai corridoi paneuropei, dai piani per ricerca, formazione e istruzione allo sviluppo di energia da fonti rinnovabili, dalla banda larga all'Erasmus (programma di mobilità degli studenti, ndr) universale».

Il problema è, come al solito, l'opposizione di Berlino, che si è già espressa sulla proposta Tremonti-Juncker, anche se il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, ha mostrato una certa apertura almeno per il futuro: dopo aver osservato che in questo momento l'idea non è praticabile, perché i tedeschi la respingerebbero sicuramente, e perché richiederebbe «modifiche fondamentali del Trattato», Schauble ha ipotizzato che «nel lungo termine gli Stati dell'Eurozona, compresa la Germania, potrebbero essere pronti a cedere nuove porzioni della loro sovranità di bilancio». Prima, però, ha fatto capire Schauble, bisogna che siano approvate e applicate la riforma del Patto di stabilità e la nuova 'governance' economica dell'Eurozona, naturalmente secondo la logica del rigore tedesco. Ma un'altra possibile interpretazione della mossa Tremonti-Juncker potrebbe essere in chiave tattica: resuscitare il dibattito sugli eurobond a poche ore dal difficile negoziato che si svolgerà stasera e domani nell'eurogruppo e nell'Ecofin. Si tratta della discussione - che si vorrebbe conclusiva - sul nuovo meccanismo permanente di stabilità dell'Eurozona, che dal 2013 dovrebbe sostituire il fondo Efsf (European Financial Stability Facility). La proposta Juncker-Tremonti potrebbe essere, in questa lettura, un modo per sostenere la richiesta di aumentare i fondi per il salvataggio degli Stati attaccati dai mercati. A questa richiesta si oppone con forza, ancora una volta, proprio la Germania. Ma per i tedeschi aumentare le risorse di un fondo intergovernativo come l'Efsf da 440 miliardi di euro, che hanno già accettato, sarebbe senza dubbio preferibile all'idea di cambiare il Trattato e accettare che l'Ue si indebiti ed emetta obbligazioni 'comunitarie'.