24 aprile 2024
Aggiornato 05:00
Sentenza numero 10164

Cassazione: critiche alle donne? Diffamazione

Come dire che «per quell'incarico serve un uomo»

ROMA - Stop alle discriminazioni professionali contro le donne. Dire che per rivestire un certo incarico «serve un uomo» è un'espressione diffamatoria, anche se detta da un sindacalista. Con la sentenza numero 10164 di oggi, la Corte di cassazione ha bocciato tutte quelle critiche fatte alle lavoratrici soltanto perché donne. In particolare la quinta sezione penale ha confermato la condanna per diffamazione e una multa salata, oltre al risarcimento del danno nei confronti di un giornalista e un sindacalista per un articolo apparso su un quotidiano locale dal titolo «Carcere, per dirigerlo serve un uomo».

Gli Ermellini - riporta il sito Cassazione.net - hanno dunque confermato la decisione della Corte d'Appello di Salerno. Il giornalista si era difeso sostenendo di aver esercitato il diritto di cronaca. Mentre l'altro imputato aveva invocato la scriminante per il diritto di critica sindacale. A entrambe i ricorsi la Suprema corte ha dato risposta negativa. In particolare i giudici hanno affermato che il giornalista avrebbe dovuto verificare le frasi riportate nell'intervista, anche se fra virgolette.

Non solo. Al secondo ricorso hanno dato risposta negativa chiarendo che «i giudici di merito hanno correttamente ritenuto che la frase sarebbe meglio una gestione maschile, attribuita al sindacalista, è oggettivamente diffamatoria ed è, da sola, idonea ad affermare la responsabilità sia dell'intervistato che dell'intervistatore». Secondo la Corte si tratta di una dichiarazione che è «certamente lesiva della reputazione della direttrice, trattandosi di un suggerimento assolutamente gratuito, sganciato dai fatti e che costituisce una mera valutazione, ripresa a caratteri cubitali nel titolo, nel quale si puntualizza proprio la necessità di affidare la direzione del carcere comunque a un uomo».

Insomma la discriminante del diritto di critica sindacale non sussiste, infatti «la censura che viene mossa alla direttrice è sganciata da ogni dato gestionale ed è riferita soltanto al fatto di esser una donna gratuito apprezzamento contrario alla dignità della persona perch ancorato al profilo, ritenuto decisivo, che deriva dal lato biologico dell'appartenenza all'uno o all'altro sesso».