19 aprile 2024
Aggiornato 22:00
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - Sentenza del 4 novembre 2009, n. 23365

La sottrazione di beni aziendali - anche se di modesta entità - legittima il licenziamento

Il furto lede il rapporto fiduciario anche se il dipendente non aveva precedenti

Con Sentenza del 4 novembre 2009, n. 23365 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha chiarito che è legittimo il licenziamento di quel lavoratore che sottrae un bene all’azienda pur se di piccola entità, anche se era la prima volta che il fatto accadeva.
Per la Cassazione in sostanza quello che conta è la buona fede che il dipendente deve sempre avere nei confronti del datore di lavoro e non rileva la modesta entità del danno causato allo stesso datore.

Peraltro anche in passato tali analoghi comportamenti tenuti dai lavoratori sono stati più volte ritenuti dalla stessa Corte di Cassazione come giusta causa di licenziamento.
Quello che rileva – per la Cassazione – è la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza del rapporto lavorativo, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti.

Fatto e diritto
Un lavoratore era stato licenziato per la sottrazione di una busta di salumi durante le operazioni, a cui lo stesso era addetto per le sue mansioni di autista, di scarico e consegna di merce ad un punto di vendita, avendo – per il datore di lavoro – leso irrimediabilmente per tale fatto il rapporto fiduciario.
Il giudice di primo grado confermava il licenziamento intimato dal datore di lavoro e la Corte di Appello alla quale il lavoratore sii era rivolto aveva a sua volta ritenuta legittima la decisione del giudice di primo grado.
Il lavoratore allora si è rivolto alla suprema Corte di Cassazione ai fini di una corretta valutazione della proporzionalità del licenziamento rispetto al fatto addebitatogli per la modesta entità del danno.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Corte di Cassazione la Corte di Appello avrebbe dovuto non solo valutare adeguatamente la circostanza della tenuità del danno, ma anche considerare la mancanza, per il ricorrente, di precedenti disciplinari nel corso del rapporto.
Ma detto questo è pure vero – per la Cassazione – che è necessario ribadire, come già evidenziato dalla sua consolidata giurisprudenza, in caso di licenziamento per giusta causa, che la dedotta circostanza è irrilevante ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, venendo soprattutto in risalto la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti.
Peraltro per la Cassazione non ha rilievo determinante, in ordine alla proporzionalità del fatto rispetto al licenziamento adottato, la mancanza di precedenti disciplinari del lavoratore. E dunque il ricorso del lavoratore è stato rigettato.