23 aprile 2024
Aggiornato 10:30
Confermati gli obiettivi per il 2020

Clima: l'Europa trova l'intesa

Un accordo di portata storica, che rafforza la leadership europea nella lotta ai mutamenti climatici e dà un messaggio prezioso a tutto il mondo

«Un accordo di portata storica, che rafforza la leadership europea nella lotta ai mutamenti climatici e dà un messaggio prezioso a tutto il mondo: il cambiamento energetico indispensabile per fronteggiare il ‘global warming’, è anche un potente strumento per combattere la crisi e a rilanciare l’economia».
Roberto Della Seta, senatore del Pd e capogruppo in Commissione Ambiente, commenta così l’intesa raggiunta a Bruxelles al vertice dei capi di governo dell’Ue sul cosiddetto pacchetto-clima.

«Restano confermati i tre obiettivi del 20% al 2020, resta confermato che gli impianti che emettono più anidride carbonica a cominciare dalle centrali termoelettriche dovranno pagare per le proprie emissioni. L’esito positivo di questa lunga e difficile trattativa – afferma Della Seta – segna la sconfitta del tentativo di Berlusconi di boicottare l’accordo, e rende quanto mai vistosa l’arretratezza della destra italiana, rimasta sola in Europa a sostenere che l’ambiente fa male all’economia. E’ vero il contrario: come ha sottolineato intervenendo alla Conferenza di Poznan il Premio Nobel Al Gore, in questo tempo di crisi l’ambiente può e deve essere utilizzato come una leva per creare posti di lavoro, per sostenere le imprese che puntano sull’innovazione energetica, per ridurre la dipendenza dei nostri sistemi energetici dal petrolio e dai fossili. Il nostro auspicio, speriamo non si riveli un sogno, è che persino il governo italiano se ne accorga, e si rimbocchi le maniche con tutto il Paese per mettere l’ambiente, la lotta ai mutamenti climatici al centro delle strategie e degli interventi anti-crisi».

«Al contrario di quanto ha più volte sostenuto Berlusconi – aggiunge Ermete Realacci, ministro dell'Ambiente nel governo ombra del PD - l'Europa ha dimostrato di considerare la risposta ai mutamenti climatici, con quello che comporta in termini di innovazione, di ricerca, di aumento della competitività economica e occupazionale, non un peso ma una delle chiavi per affrontare la crisi. E' finita - conclude Realacci - l'epoca della propaganda e dei proclami scomposti. E' il momento delle politiche serie e dei fatti. Se possibile di un'azione comune tra politica, imprese e società».

Il timore che l’accordo non arrivasse o che i negoziati si prolungassero per ore senza che si giungesse ad una soluzione era nell’aria, specialmente per le resistenze espresse da Italia, Germania e Polonia.

Tuttavia, ora l’intesa c’è: le imprese dovranno infatti iniziare, a partire dal 2013, a comprare all’asta i permessi di emissioni di Co2 fino ad ora gratuiti. La proporzione di ‘licenze di inquinare’ che le industrie non esposte ad una concorrenza eccessiva dovranno acquistare sarà ancora molto bassa nel 2013, per poi aumentare gradualmente entro il 2020. Le industrie particolarmente esposte alla concorrenza o alla delocalizzazione, avranno diritti di emissione dai costi molto bassi o gratuiti fino a quando anche i paesi concorrenti non si saranno sottoposti a misure analoghe.
La Germania ha ottenuto la possibilità di sovvenzionare con il 15% di aiuti di Stato la costruzione di centrali ad alta efficienza tra il 2013 e il 2015. Le centrali elettriche a carbone della Polonia e degli altri paesi dell’est pagheranno solo il 30% delle loro quote di emissione nel 2013, per arrivare al 100% nel 2019. Un risultato, questo, di cui il premier polacco Donald Tusk si è detto «soddisfatto».

Intanto, poche ore dopo che a Bruxelles i 27 dell’Unione Europea avevano adottato il cosiddetto «pacchetto clima», i delegati alla conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, riuniti a Poznan in Polonia, hanno adottato venerdì sera la road map che dovrà portare a un nuovo trattato contro il riscaldamento climatico da firmare a Copenhagen nel dicembre 2009.

Il futuro trattato dovrà determinare la parte di sforzi di ognuno, paesi industrializzati e in via di sviluppo. Al momento solo i 37 paesi industrializzati (tutti a parte gli Stati uniti) che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto, sono sottoposti a dei vincoli di riduzione delle loro emissioni nocive sul periodo 2008-2012.