2 maggio 2024
Aggiornato 06:30
Per la Cia è una vittoria dei paesi del Nord Europa

Errore gravissimo la riduzione degli standard di vendita per i prodotti ortofrutticoli

Una misura del genere penalizzerà i produttori italiani. I mercati verranno invasi da prodotti spesso di scarto. Poca trasparenza e un danno per la qualità. Non si tratta di un provvedimento di semplificazione

La riduzione delle norme di standardizzazione commerciale dei prodotti ortofrutticoli, decisa oggi dagli Stati europei su proposta della Commissione Ue, è un errore gravissimo che purtroppo penalizzerà i produttori italiani (portatori di un «made in Italy» nell’eccellenza di molti prodotti ortofrutticoli), ma anche quelli di altri paesi mediterranei, come Spagna e Grecia. E’ quanto sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori.

Su questa decisione, originata da una forte pressione lobbistica sulla Commissione europea da parte dei paesi del Nord Europa (Gran Bretagna in testa), al fine di avere mani libere nelle modalità di scambio della merce sui grandi mercati e nell’apertura ad un import sempre più indifferenziato, c’è stata molta disinformazione nei confronti del consumatore.

Non si tratta, infatti, come alcuni media hanno affermato, di un auspicabile stop ad ingiuste discriminazioni tra i diversi prodotti, soprattutto circa la relative lunghezze di zucchine, melanzane, ecc. Il problema è di altra natura perché quello che viene eliminato oggi -afferma la Cia- sono le condizioni minime (calibri, varietà, categorie qualitative) per offrire agli operatori onesti dei mercati europei alcuni importanti strumenti per operare le scelte, attraverso una comparazione delle diverse partite ed una equa correlazione ai rispettivi prezzi.

Togliendo gran parte dei requisiti minimi di commercializzazione (restano in piedi solo quelli per 10 prodotti, anziché 36), la Commissione Ue -rileva la Cia- è venuta meno al suo impegno, proclamato anche nel recente Libro Verde sulla qualità, ovvero il sostegno da parte della normativa comunitaria agli agricoltori «per vincere la sfida della qualità». I mercati verranno invasi da prodotti spesso di scarto, senza poter operare, con trasparenza, le necessarie identificazioni e distinzioni tra le diverse partite di merce.

Nel sostenere che tale misura non rappresenta affatto una semplificazione di carattere amministrativo, la Cia denuncia, inoltre, che tra i rischi potenziali, vi saranno probabilmente anche ripercussioni negative sui prezzi ed una situazione di confusione che renderà più difficile anche l’utilizzo delle analoghe norme internazionali Unece (United nations economic commission for Europe). Queste, infatti, sono, a confronto con la scarna normativa europea, molto più numerose e dettagliate. Proprio alla luce di tale problema, la Cia propone alla Commissione di omologare direttamente le norme comunitarie a tali norme internazionali.