19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Corte di Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 13 ottobre 2008, n. 25043

Riduzione del personale per riorganizzazione aziendale. Licenziamento legittimo

Le mansioni del dipendente non devono essere fondamentali per il riassetto aziendale

Con sentenza del 13 ottobre 2008, n. 25043 la Sezione lavoro della suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il licenziamento comminato per riduzione del personale a causa della riorganizzazione è legittimo a condizione che le mansioni del dipendente non siano fondamentali per il riassetto dell’azienda.
Dunque per la Cassazione il licenziamento per riduzione del personale in costanza di una riorganizzazione aziendale è legittimo per quei dipendenti in soprannumero che svolgono in concreto mansioni non più essenziali in rapporto alla variata organizzazione aziendale.

Fatto e diritto
Un dipendente di una società di spedizioni era stato licenziato per riduzione di personale dopo una riorganizzazione aziendale ritenuta necessaria per porre fine alla crisi economica in cui versava da tempo l’azienda stessa.
Il dipendente rivoltosi al Tribunale faceva presente di aver svolto prima mansioni di magazziniere addetto alle vendite e spedizioni, e poi come carrellista e poi come impiegato conseguendo alla fine la qualifica di 3° livello superiore.
Nel corso del rapporto era stato anche collocato in cassa integrazione e, dopo il rientro, aveva mantenuto le proprie mansioni sino a quando aveva ricevuto la lettera di licenziamento per riduzione del personale; provvedimento verso il quale aveva proposto impugnazione.
Tutto ciò premesso, chiedeva che in ragione della illegittimità di licenziamento perché privo di giusta causa e di giustificato motivo, la società venisse condannata a reintegrarlo nel suo posto di lavoro ed a risarcirgli i danni con interessi e rivalutazione.
Il Tribunale accoglieva la domanda e la Corte d'appello accoglieva invece le argomentazione dell’azienda.
Per la Corte d’Appello il licenziamento era legittimo perché sorretto da giustificato motivo oggettivo.
Dalla espletata istruttoria era infatti emerso che la società versava in una situazione di grave crisi economica, che si protraeva da diversi anni, con perdite continue.
Detta situazione, confermata anche dalla prova testimoniale era stata ammessa pure dalle organizzazioni sindacali aziendali, che erano a conoscenza - anche a seguito di riunioni tenute con i rappresentati della società - della inevitabilità per l'azienda di procedere ad una riduzione del personale di almeno sei dipendenti, tra i quali lo stesso dipendente.
Né per andare in contrario avviso poteva addursi che successivamente all'intimato licenziamento era stato assunto nuovo personale.
Ed invero doveva ritenersi assodato che il licenziamento non solo del dipendente, ma anche di altri lavoratori era avvenuto a causa del soprannumero dei dipendenti addetti alla produzione che avevano reso inevitabile il ridimensionamento della forza lavoro in una ottica di riorganizzazione aziendale.
In tale contesto la circostanza che il dipendente per l'esperienza acquisita era capace di svolgere qualsiasi delle svariate mansioni, cui di volta in volta era addetto, non poteva valere ad evitare il licenziamento.
Per la Corte di Appello non ostava al riconoscimento della giusta causa di licenziamento l'ulteriore circostanza che dopo il detto licenziamento era stato assunto altro lavoratore in quanto tale assunzione era stata disposta - a distanza di oltre nove mesi dal licenziamento - per fronteggiare esigenze sopravvenute di carattere evidentemente temporaneo e con un contratto a termine.
Inoltre per la Corte di Appello il programmato riassetto organizzativo discusso con le organizzazioni sindacali non poteva costituire oggetto di sindacato giudiziale sulla scelta imprenditoriale e, pertanto, non poteva portare al riconoscimento della illegittimità del licenziamento.
Contro tale sentenza il dipendente ha presentato ricorso in Corte di Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione il datore di lavoro deve dimostrare di non poter reimpiegare i lavoratori licenziati in altre mansioni, e così ha confermato il verdetto della Corte di Appello, che aveva ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente, affermando che nell’ambito di un riassetto organizzativo data la impossibilità di un diverso impiego del dipendente in azienda la valutazione della scelta imprenditoriale, resta insindacabile nei suoi profili di congruità giustifica la soppressione del posto di lavoro.
Dunque per la Corte di Cassazione l’azienda aveva correttamente esercitato il proprio diritto, come di ogni altro imprenditore, di determinare l'assetto organizzativo della propria azienda.
Infine per la Cassazione «il programmato riassetto organizzativo discusso tra l’altro anche con le organizzazioni sindacali non poteva costituire oggetto di sindacato giudiziale sulla scelta imprenditoriale e, quindi, non poteva portare al riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento».

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