19 aprile 2024
Aggiornato 18:30
Corte Europea di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza 17 luglio 2008 (causa C – 94/07)

Borsa di studio e rapporto di lavoro subordinato

Spetta al giudice del rinvio procedere alle verifiche di fatto necessarie

Con sentenza del 17 luglio 2008 (causa C – 94/07), la Corte Europea di Giustizia delle Comunità Europee, nella causa intentata da un ricercatore italiano ad un centro di ricerca privato tedesco, ha disposto che se nel contratto di borsista per un dottorato di ricerca sono rilevabili tutti gli elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato, il contratto deve essere reputato tale dal giudice interno, particolarmente qualora lo svolgimento sia stato del tutto lo stesso di altri lavoratori.
In base al principio relativo alla sulla libera circolazione dei lavoratori nell’UE, ogni discriminazione fondata sulla cittadinanza è vietata.

Nel caso di specie il borsista italiano aveva chiesto il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato a tempo parziale in quanto è soltanto in base allo stesso che poteva iscriversi al regime di previdenza sociale.
La Corte Europea di Giustizia delle Comunità Europee ha quindi disposto che un ricercatore che versa in una situazione analoga a quella del ricorrente nella causa principale, ossia che prepara una tesi di dottorato sulla base di un contratto di borsa di studio concluso con una associazione di diritto privato deve essere considerato lavoratore - ai sensi dell’art. 39 CE - soltanto se esercita la sua attività per un determinato periodo di tempo sotto la direzione di un istituto appartenente a tale associazione e se percepisce una retribuzione a titolo di controprestazione per tale attività.

Spetta al giudice del rinvio procedere alle verifiche di fatto necessarie al fine di valutare se tali presupposti ricorrano nella causa di cui tale giudice è investito.
Un’associazione di diritto privato è tenuta a rispettare, nei confronti dei lavoratori ai sensi dell’art. 39 CE, il divieto di discriminazione. Compete al giudice del rinvio stabilire se, in circostanze simili a quelle della causa principale, si sia verificata una disparità di trattamento tra dottorandi nazionali e stranieri.
La Corte ha poi aggiunto che se il ricorrente nella causa principale fosse legittimato a far valere un danno provocato dalla discriminazione che avrebbe subito, spetterebbe al giudice del rinvio, alla luce della normativa nazionale vigente in materia di responsabilità extracontrattuale, valutare la natura del risarcimento al quale il ricorrente avrebbe diritto.

Scarica l'allegato (PDF)