5 ottobre 2024
Aggiornato 08:30
Il 28 settembre

Aborto: in Fvg alti tassi di obiezione e basso utilizzo della pillola abortiva

In occasione della Giornata internazionale per l'aborto libero e sicuro Orietta Olivo, responsabile pari opportunità della segreteria Cgil Fvg, lancia diverse richieste all’assessorato regionale della sanità

TRIESTE - Deliberare la possibilità di utilizzo della Ru486 (pillola abortiva) in regime di ambulatorio o day hospital. La riapertura di un tavolo per discutere di interruzione volontaria di gravidanza e prevenzione. Il potenziamento del personale dei consultori, per assicurare la loro piena funzionalità. Queste le richieste che Orietta Olivo, responsabile pari opportunità della segreteria Cgil Fvg, lancia all’assessorato regionale della sanità, in occasione del 28 settembre, Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro.

Ivg e obiezione
Olivo, ha puntato il dito sugli ostacoli che impediscono tutt’oggi, a quasi 40 anni dall’approvazione della 194, una piena ed efficace attuazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Su tutti (ma non solo) il problema dell’obiezione di coscienza, che negli ospedali del Friuli Venezia Giulia  raggiunge percentuali anche elevate, pur senza raggiungere i livelli allarmanti di altre regioni: «Fra i medici – ha rivelato Olivo – siamo a una media del 50% con punte del 67% in nell’azienda ospedaliero-universitaria di Udine, fra gli anestesisti al 23% con punte del 38% in Azienda 3 (Alto Friuli), fra le professioni sanitarie la media è del 28%, con punte del 43% in Azienda 5 (Basso Friuli e Isontino). Numeri piuttosto alti – ha sintetizzato la segretaria Cgil – ma che non compromettono la gestione generale dell’interruzione volontaria di gravidanza in regione».

Aborti in calo
Obiezione a parte, i numeri confermano anche in Friuli Venezia Giulia la progressiva tendenza al calo degli aborti: dai 1.608 casi del 2014 si è scesi ai 1.488 del 2015 e ai 1.436 del 2016. Uno dei principali aspetti critici su cui intervenire, ha aggiunto Olivo, riguarda la bassa percentuale di ricorso all’aborto farmacologico: «Le interruzioni di gravidanza con il ricorso alla pillola Ru486 – ha spiegato – sono di poco superiori al 10%, nonostante la pillola abortiva sia stata introdotta in Italia da ben 9 anni. Non si comprendono le ragioni di cifre così basse, se è vero come è vero che l’aborto farmacologico risulta molto più semplice e nel 95% dei casi non è accompagnato da alcun intervento chirurgico, risultando di conseguenza anche molto meno costoso per il servizio sanitario».

Una delibera sulla Ru486
Il basso ricorso all’aborto farmacologico si spiega anche con le circolari ministeriali che impongono anche per questa pratica il ricovero lungo, «a volte anche più lungo rispetto a quello richiesto per l’aborto chirurgico», ha denunciato Olivo. Da qui la richiesta di una delibera regionale, sul modello di quelle già approvate in Toscana, Lazio ed Emilia, per consentire la somministrazione della Ru486 in regime di ambulatorio o day hospital. Questo per favorire la piena applicazione alla legge 194, che all’articolo 15 raccomanda «la promozione delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza». La soluzione farmacologica, ha aggiunto la segretaria Cgil, presenterebbe altri due vantaggi: «Togliere peso all’obiezione di coscienza e portare un notevole risparmio di risorse, che potrebbero essere meglio indirizzate al potenziamento della rete dei consultori e per la promozione di un più facile accesso alla contraccezione».

Più prevenzione
L’altro aspetto da potenziare nell’applicazione della legge 194, per la Cgil, è quello della prevenzione. Nasce proprio da questa esigenza la richiesta di rifinanziare il tavolo sulla «Prevenzione dell’Interruzione di gravidanza tra le donne straniere», che quattro anni fa aveva visto l’avvio di una collaborazione tra gli operatori di tutti gli ospedali e delle Aziende sanitarie della regione. «Un’esperienza che ha avuto il merito di mettere in rete medici e operatori non obiettori e di condividere così le buone pratiche in materia di prevenzione, a partire dalla diffusione della contraccezione. Finanziato dal ministero con soli 12mila euro, però, il tavolo ha cessato di operare: Ecco perché chiediamo alla Regione – ha concluso Olivo – di farlo ripartire con risorse proprie e più cospicue, con un impatto minimo sul bilancio sanitario di questa regione ma importanti prospettive in termini di risultati».