19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Il direttore Ferrero entusiasta nel presentare l'edizione numero 28

Salone del libro Torino 2015, uno «spazio esemplarmente politico»

Al Lingotto dal 14 al 18 maggio la nuova edizione della fiera italiana più importante dedicata al libro e alla cultura. «Qui si avverte chiaramente la voglia di fare qualcosa di concreto e di positivo, di contribuire a un progetto comune, a un 'noi' condivisibile in cui riconoscersi»

TORINO - «In questi anni difficili tutti gli indici di molti comparti produttivi e commerciali hanno registrato saldi negativi: sono note le perdite delle librerie. Ebbene, il Salone del libro è andato e va in controtendenza. Editori, librai, bibliotecari, distributori, autori, lettori, tutta la variegata filiera del libro continua a crederci e ci viene con una convinzione crescente, investendovi risorse notevoli». Il Direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino, Ernesto Ferrero, è entusiasta nel presentare la nuova edizione della più grande fiera italiana dedicata al libro, che prende il via giovedì 14 maggio al Lingotto (fino al 18) con un programma ricchissimo.

LA NOSTRA EXPO È QUI - Il Salone 2015 «non si presenta con le stanchezze degli anni vissuti né con la ripetitività di argomenti già consumati» aggiunge il Presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, Rolando Picchioni. «Il programma mostra la sua capacità genetica di intercettare e generare energie sempre nuove: una rassicurante promessa di futuro, malgrado la ripresa tardi a venire». Sono 80 i nuovi espositori totali e «sorprendente» è la risposta delle Regioni, «un dato nient’affatto scontato vista la schiacciante concorrenza di quella vetrina dei territori che è l’Expo e la scadenza elettorale di fine maggio». E proprio nell’anno di Expo, con cui è saltata una partnership che avrebbe potuto essere strategica, il Salone si concentra sull'opportunità di ripensare radicalmente l’immenso patrimonio dei beni artistici e culturali del nostro Paese.

FILO CONDUTTORE: «LE MERAVIGLIE D'ITALIA» - E dunque, ecco il filo conduttore di questa 28esima edizione: «Le meraviglie d’Italia»: l’arte certo, ma anche l’architettura, il design, la fotografia, il cibo, persino la robotica di cui sappiamo meno, oltre, naturalmente, alla cultura fatta di libri. Un tema che ha «veramente solleticato e intercettato come in pochi altri frangenti la necessità, direi quasi l’urgenza degli editori e degli autori nel ridiscutere e ridefinire il concetto di primato italiano – spiega Picchioni –, fra illusioni di glorie passate, la responsabilità di preservarle e valorizzarle e il desiderio prepotente di tornare al centro di un mondo profondamente cambiato». Quello che si rinnova ogni anno nei cinque giorni del Lingotto è il piacere di condividere interessi, passioni, curiosità, di «confrontarsi senza faziosità, di sentire campane diverse» per dirla alla Ferrero. «È la voglia di trovare, al di là delle chiacchiere insopportabili dei talk show o dei deliri e delle atrocità demenziali riversate nella Rete, uno spazio civile di approfondimento e di confronto» dice ancora Ferrero. «Il Salone è uno spazio esemplarmente politico, perché qui si avverte chiaramente la voglia di fare qualcosa di concreto e di positivo per la polis, di contribuire a un progetto comune, a un 'noi' condivisibile in cui riconoscersi».

GERMANIA PAESE OSPITE- La partecipazione della Germania come Paese ospite d’onore «è l’occasione di un dialogo che è sempre è stato storicamente intenso, ma oggi è necessario approfondire e sviluppare, di fronte a tante tensioni, incomprensioni, preconcetti che inquinano la politica» precisa Ferrero. Lo ha ricordato ancora in novembre il presidente Napolitano quando ha incontrato al Teatro Regio il presidente federale Gauck. «Il linguaggio comune della cultura può fare quello che altri linguaggi non riescono a fare». Nella sua prolusione di giovedì 14, che sarà un po’ come un concerto inaugurale, Claudio Magris ricorderà proprio i debiti che la cultura italiana del dopoguerra ha con quella tedesca: Nietzsche recuperato in chiave «libertaria», Brecht, il marxismo rielaborato da Lukacs, la scuola di Francoforte, Heidegger e Habermas, Grass, Boell, Enzensberger.