La crisi economica nel film «L'industriale» di Montaldo
Il regista: «Che angoscia girare tra le aziende vuote del nordest». Favino: «Diamo più fiducia ai 40enni per cambiare il Paese»
ROMA - L'attualità politica e economica irrompe al Festival di Roma con il film di Giuliano Montaldo «L'industriale», presentato fuori concorso e accolto con un applauso dalla stampa. Protagonista del film un giovane industriale (Pierfrancesco Favino) che deve far fronte ai debiti della sua azienda, in una Torino che vive gli effetti della grande crisi economica, tra scioperi e aziende che chiudono: le banche si rifiutano di rifinanziare i suoi debiti, lui spera nella joint venture con una compagnia tedesca che salvi lui e i suoi operai, a cui chiede sostegno e fiducia. Il precipitare degli eventi professionali lo spinge a sospettare di sua moglie (Carolina Crescentini) e anche la sua vita personale vacilla.
«Sui giornali si legge che vengono bruciati milioni di euro ogni giorno, io non so chi siano questi piromani, ma so che tutti viviamo questo dramma, e so cosa ho visto girando per il nordest: manifestazioni, tante piccole aziende vuote, ed ho provato una grande angoscia. - ha affermato Montaldo - Questa è una crisi devastante, che può distruggere un uomo, soprattutto se è circondato da quegli squali che si avventano su chi è in difficoltà. Non so dove si arriverà, ma girando a Torino e nel nord mi è sembrato che spesso la realtà superasse la finzione del film».
Nel film di Montaldo si vedono industriali che chiudono senza scrupoli le loro fabbriche licenziando gli operai, mentre il protagonista vuole salvare ad ogni costo l'impresa del padre e salvare anche gli operai che conosce da quando era ragazzo: «Credo ci siano industriali senza scrupoli ma anche alcuni piccoli imprenditori per cui gli operai non sono fantasmi, come succede spesso nelle grandi aziende. Loro, anche per ostinazione, fanno di tutto per salvarli» ha detto Montaldo.
Alla domanda se gli italiani possano far qualcosa per affrontare la situazione di crisi attuale il regista ha risposto: «Quelli della mia generazione viaggiavano insieme, oggi mi sembra che ognuno segua il proprio obiettivo: bisogna tornare ad un'unità di intenti». E sugli Indignati il regista 81enne ha le idee chiare: «Non vorrei fossero chiamati indignati, vorrei fossero chiamati italiani. Di sicuro oggi in politica ci sono troppi galli a cantare a sinistra e molti deficienti dall'altra parte». Il cosceneggiatore del film, Andrea Purgatori, è sulla stessa lunghezza d'onda: «Questa classe dirigente è pirotecnica, ogni giorno ne inventa una, ma noi crediamo che esistano nuove generazioni con dei valori forti, come i nostri protagonisti. Peccato che per i media siano praticamente inesistenti».
Favino: Diamo più fiducia ai 40enni per cambiare il Paese - Pierfranceso Favino fa una simbolica chiamata alle armi a tutti i suoi coetanei quarantenni in occasione della presentazione del film «L'industriale» di Giuliano Montaldo, di cui è protagonista nel ruolo di un giovane imprenditore: «Negli altri Paesi i quarantenni fanno i primi ministri, se noi fossimo veri leoni avremmo già scalzato il vecchio capobranco. Bisogna dare fiducia ai 40enni», ha affermato. L'attore ha risposto seccamente alla domanda se faccia riferimento anche al «rottamatore» del PD Matteo Renzi: «I quadri di partito non rappresentano una via d'uscita. Oggi c'è bisogno da parte nostra di una presa di coscienza, ognuno si deve impegnare seriamente nel proprio lavoro e avere il coraggio della propria onestà: questo secondo me farà la differenza. - ha affermato - Bisogna che la mia generazione si assuma delle responsabilità, perché credo che la cosa più rivoluzionaria oggi sia fare bene il proprio mestiere, mostrare di essere diversi».
Nel film di Montaldo, Favino interpreta un industriale che fa di tutto per salvare la propria azienda sull'orlo della crisi, e continuare a garantire un lavoro anche ai suoi operai. «Il problema è che oggi il lavoro viene visto solo come profitto e non come affermazione dell'identità di un individuo» ha affermato. L'identificazione tra individuo e consumatore è secondo Favino il grande problema della nostra società: «Quello che mi preoccupa è che sui giornali si parla di soldi, non delle persone e delle loro vite, mentre ci sono milioni di uomini che combattono quotidianamente e che non sanno nulla di quei numeri.
Siamo noi a dover interrompere questo circolo vizioso, dove sono scomparsi i valori umani: dobbiamo ricominciare a vederci come individui e non solo come clienti» ha affermato.
Sicuramente secondo Favino stiamo assistendo ad un cambiamento epocale: «Da questa situazione si uscirà certamente con un'altra mentalità: sicuramente è la fine di un momento storico di cui forse la nostra generazione non vedrà gli effetti» ha concluso.
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