Caccia al colpevole: da Gattuso in giù la lista è lunga
Dopo la disfatta europea a Milanello sono iniziati i processi. In tanti sul banco degli imputati, dall’allenatore ai giocatori, soprattutto i più esperti privi di personalità e carisma.

MILANO - Difficile riuscire a parlare di calcio dopo aver assistito a spettacoli disgustosi come quello confezionato ieri sera allo Stadio Geōrgios Karaiskakīs di Atene dall’incapace e visionario arbitro francese Bastien. Tra l’altro ben anticipato dai tifosi dell’Olympiakos che prima della partita hanno issato una suggestiva coreografia dedicata a «La Casa di Carta», meravigliosa serie tv dedicata ad un gigantesco furto. Evidentemente già sapevano cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
Rimuginare troppo su certe cose però, all’indomani di una delle disfatte più dolorose dell’ultracentenaria storia dell’Ac Milan, può avere solo il potere di distogliere l’attenzione generale dai reali problemi manifestati ancora una volta dalla squadra di Gennaro Gattuso.
Partita in mano - Ha ragione l’allenatore calabrese nella sua disamina a caldo nel post partita: «Avevamo la partita in mano, possiamo anche discutere degli episodi, ma quando crei tante palle gol in uno stadio così e commetti certe ingenuità è giusto uscire». Un’analisi tanto corretta quanto agghiacciante, a rileggere con attenzione il match. Perchè è vero che a parte la doccia ghiacciata subita dopo 7 secondi di gioco - bravo Pepe Reina a metterci una mezza a seguito dell’iniziale dormita di tutta la linea difensiva rossonera - il Milan per 70 minuti abbondanti non ha rischiato praticamente nulla, ma non ha neppure provato a chiudere il match come sarebbe stato corretto fare. «Prima del gol che ha sbloccato la partita e della dormita sull’angolo - ancora le parole di Gattuso - , la sensazione era che potessero farci giusto il solletico. Non ci hanno mai impensierito. Poi è normale, se si comincia a regalare è la fine».
Occasione sprecata - La lettura della partita del mister è lucidissima. Il Milan ha fatto tutto quello che doveva, imbrigliato l’attacco non certo al fulmicotone dell’Olympiakos e anestetizzato il match per lunghi tratti. Il vero problema della gestione rossonera è che si poteva, anzi si doveva, giocarla con maggiore attitudine offensiva e chiudere subito i giochi, magari con un gol in apertura. «Quando crei otto nitide occasioni da rete in uno stadio così - la versione di Gattuso -, se non arrivi con il veleno giusto all’appuntamento con il gol, e alla prima difficoltà ti spaventi e subisci il colpo, alla fine è giusto uscire».
Manca il veleno - E così purtroppo è stato, con un rammarico enorme: ogni qualvolta ha provato ad offendere - malgrado un Higuain lontano parente del bomber ammirato negli anni scorsi, un Calhanoglu involuto in maniera preoccupante e naturalmente l’assenza del vero faro rossonero, lo spagnolo Suso - il Milan ha dato la sensazione di poter far male alla difesa greca. «Andavamo dentro come il burro, facevamo quello che volevamo lì davanti, ma senza convinzione. Per questo non facciamo male».
Senza il veleno, appunto, ed infatti ci ritroviamo qui a parlare di mancanza di personalità. Al Milan giovane che la nuova proprietà sta cercando di costruire mancano i leader in campo, quei calciatori capaci di caricarsi sulle spalle il peso emotivo di sfide importanti come quella di ieri sera e trascinare i compagni più inesperti. Oggi come oggi il Pipita non può rientrare in questa categoria (tanto che forse sarebbe il caso di rivedere l’ipotesi del suo riscatto), Biglia, Bonaventura e Romagnoli sono fuori per infortunio e perfino Reina ieri non è riuscito nell’intento.
Passo incerto - Ovvio che poi sul tavolo della discussione resta l'affannoso incedere del Milan in un girone che al momento dei sorteggi era stato giudicato favorevole dall’intero universo rossonero. Nel mirino della critica soprattutto la fase difensiva di una squadra capace di incassare 9 gol in 6 partite, addirittura 2 in casa dai dilettanti allo sbaraglio del Dudelange e altri 4 dall’Olympiakos, non certo una potenza offensiva del calcio europeo. Attaccanti come Podence e Guerrero, le irresistibili bocche di fuoco dei greci, non valgono neppure un unghia del supercelebrato Higuain. Peccato che purtroppo questa differenza sul campo non si sia vista. E oggi al Milan non resta che leccarsi le ferite e riflettere sui propri - tanti - errori.
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