29 marzo 2024
Aggiornato 06:00
MotoGP | Gran Premio della Malesia

Stavolta Marquez non fa il Marc-ziano: «Sono umano anch'io»

Il leader del Mondiale si accontenta del quarto posto, che lo fa arrivare al gran finale di Valencia con un cospicuo vantaggio su Andrea Dovizioso. E, in questo caso, gli va bene così

La Honda di Marc Marquez insegue la Ducati di Andrea Dovizioso nel GP di Malesia
La Honda di Marc Marquez insegue la Ducati di Andrea Dovizioso nel GP di Malesia Foto: Michelin

SEPANG«Sono solo un essere umano». A volte, vedendolo compiere i suoi miracoli, rischiamo di dimenticarcene. Per cui non è fuori luogo che Marquez concluda il suo weekend del Gran Premio di Malesia con un utile promemoria: anche lui appartiene alla nostra stessa specie. Non è un Marc-ziano, o per lo meno non sempre. Sicuramente non lo è stato oggi. La sua gara a Sepang è stata piuttosto opaca, appannata: superato dal diretto rivale nella corsa al titolo, Andrea Dovizioso, al quinto giro, ha tentato di mettere pressione a Johann Zarco per il podio, ma dopo aver rischiato di finire per terra per l'ennesima volta ha deciso di accontentarsi del quarto posto. Perché giocarsi tutte le fiches, del resto, quando si ha in mano un vantaggio rassicurante in classifica? «Oggi ho incontrato praticamente le peggiori condizioni possibili – racconta il Cabroncito – Era bagnato, quindi la pista era scivolosa, ed era complicato trovare il limite perché l'errore era dietro l'angolo. Ma comunque ci ho provato: ho iniziato la gara con una partenza molto aggressiva, poi mi sono reso conto che le due Ducati andavano più forte di me, e mentre cercavo di riprendere Zarco stavo già rischiando troppo. A quel punto sulla moto ho pensato che arrivare a Valencia con 24 punti di vantaggio o con 21 era più o meno la stessa cosa, quindi ho deciso di accontentarmi del quarto posto. La cosa più importante in questa gara era cercare di restare calmo fino al traguardo, trovare il mio ritmo e non avere fretta. Come avevo detto già giovedì, l'obiettivo di questo weekend era arrivare a Valencia con le migliori opzioni».

Bastano i punti
Se sull'asciutto i valori in campo tra la Ducati e la sua Honda variano di pista in pista, infatti, sul bagnato l'impressione è che la moto di Tokyo abbia ancora qualcosa da migliorare: «Loro, come sempre, sono stati imbattibili in accelerazione – ammette il cinque volte iridato – Il problema è che uno dei miei punti di forza, la frenata e l'ingresso in curva, non era all'altezza delle altre gare. Per qualche motivo, come già nelle prove libere, la mia sensazione sul bagnato non era ottima. E, onestamente parlando, alla fine sono solo un essere umano, e quando sei in lotta per il campionato, basta un piccolo movimento per farti sentire già sull'orlo della caduta. È normale e naturale. Sì, oggi se mi fossi preso più rischi avrei potuto già vincere il titolo, ma se fossi caduto magari a quest'ora avrei solo più sette-otto punti di vantaggio. Perciò è meglio fare un passo alla volta. La pressione c'è, ma cerco di gestirla. Mi aspettavo che questa fosse una delle piste in cui avrei faticato di più, e me ne sono reso conto fin dalle prime prove. Ho cercato una soluzione, ma poi abbiamo perso un po' la strada dell'assetto ideale nel terzo turno, e non abbiamo fatto il migliore dei weekend». Marquez, insomma, stavolta ha vestito davvero i panni per lui insoliti del ragioniere. Ha portato a casa il peggior risultato dal Gran Premio inaugurale in Qatar (cadute escluse, nelle altre gare era sempre salito sul podio) e pure con soddisfazione. Tanto da non impelagarsi nemmeno in una polemica sui giochi di squadra tra Dovizioso e Jorge Lorenzo: «Onestamente parlando, per me è totalmente normale – conclude il campione spagnolo – Anche se la Ducati non avesse mandato messaggi, a volte non serve nemmeno parlare, se sei un pilota professionista, ti senti parte della squadra, sei intelligente, hai esperienza e sai che il tuo compagno sta lottando per il campionato mentre tu solo per la gara. Sono completamente d'accordo con quello che hanno fatto, un lavoro eccellente». E a lui va benissimo così.