La moda del mercato 2017 a Milano funziona al contrario
Ormai sembra diventata una discutibilissima tendenza: appena un calciatore decide di cambiare squadra smette di presentarsi agli allenamenti costringendo così la società a cederlo. È toccato a Bernardeschi, Douglas Costa e adesso Kondogbia, Keita e Kalinic. Al Milan invece succede tutto l’opposto.

MILANO - La moda dell’estate 2017 non ha come colonna sonora il tormentone musicale da ballare in spiaggia, nè tantomeno ha a che fare con qualche stravagante accessorio o capo d’abbigliamento da sfoggiare per fare colpo. Niente di tutto ciò. Quest’estate la cosa più trendy da fare è non presentarsi agli allenamenti e ribellarsi a presidenti che pagano fior di milioni per rispettare contratti a nove cifre.
L’abbiamo presa larga per stigmatizzare quello che abbiamo già definito una spiacevolissima consuetudine della stagione calcistica che sta per iniziare. Oggi appena un calciatore sente di non aver più voglia di continuare il proprio percorso con il club al quale è legato, smette di presentarsi all’allenamento e automaticamente si autosclude dai giochi.
KKK contro tutti
Ci siamo presi la briga di raccontare nel corso dell’estate le eroiche gesta di Federico Bernardeschi e Douglas Costa, pronti a ribellarsi a Fiorentina e Bayern pur di abbracciare il nuovo corso bianconero; quelle del francese Dembelè che ha fatto perdere le proprie tracce al Borussia Dortmund per constringere i tedeschi a cederlo al Barcellona; e per finire le tre K del campionato italiano, Kondogbia, Kalinic e Keita, schierati compatti ed arroganti a dichiarare guerra ai loro club.
Che sia arrivato il momento di fare qualcosa per mettere un freno a questo sconveniente andazzo è talmente lapalissiano che rischia di apparire banale. Eppure dal fronte dell’Assocalciatori tutto tace, soprattutto da parte di Damiano Tommasi, un uomo che nel corso della sua lunga carriera - ma anche dopo - si è sempre distinto per correttezza e rispetto delle regole.
Controtendenza
Rivendicazioni sociopoliticoculturali a parte, fa specie che tutto quello che sta accadendo oggi nel mondo del calcio, questa specie di nuova sciagurata usanza in voga nel mondo pallonaro, al Milan funzioni al contrario. A Milanello non c’è nessuno che decide di non presentarsi per andare a giocare altrove, anzi. Piuttosto si incatenano alla panca degli spogliatoi, pur di non lasciare il rassicurante ambiente di Casa Milan. Ovvio il riferimento a Josè «Il Principito» Sosa, a Gustavo Gomez, a Gabriel Paletta, a M’Baye Niang, tutti ufficialmente fuori dal nuovo progetto tecnico rossonero varato da mister Montella, tanto da subire a ripetizione lo smacco della non-convocazione. Nessun problema, meglio fuori rosa che lontano da Milanello, tutti paralizzati all’idea di cambiare aria, tentare una nuova avventura, abbandonare un club nel quale non sono più graditi.
La sora Camilla
Eppure per Niang ci sono i milioni - tanti - dello Spartak Mosca che è pur sempre la squadra campione di Russia; per Sosa ci sarebbe un trionfale ritorno in Turchia dove l’ex Besiktas ha lasciato ricordi più che positivi; così come per i due rocciosi difensori Gustavo Gomez e Paletta, anche loro ambiti rispettivamente da Trabzonspor e Fenerbahce. Il caso dell’ex centrale azzurro è ancora più eclatante visto che da quando è iniziato il mercato si sono fatti avanti in tanti per averlo: Atalanta, Genoa, Fiorentina, Torino, buon ultima la Lazio. Niente, Paletta come la sora Camilla, tutti lo vogliono ma nessuno se lo piglia. Anche perchè è lui che dice di no a tutti.