Bianchi, lutto Ferrari: «Era lui che doveva rimpiazzare Kimi»
Gli uomini di Maranello sono tra i più addolorati per la tragedia del francese, predestinato ad essere prossimo pilota della rossa. Ma c'è anche tanta rabbia per un incidente che, secondo molti, poteva essere evitato
ROMA – Il mondo della Formula 1 piange Jules Bianchi, il 25enne pilota francese che si è spento sabato mattina al termine di una lotta per la vita durata nove mesi, da quel maledetto Gran Premio del Giappone dello scorso ottobre. L'ultimo saluto è in programma domani mattina, a Nizza, nella cattedrale di Santa Riparata. Ma tutti gli addetti ai lavori che lo hanno conosciuto durante la sua carriera interrotta troppo presto, e che erano stati inevitabilmente contagiati dalla sua passione, dalla sua dolcezza, dal suo sorriso, non potranno dimenticarlo tanto facilmente. Prima di tutto gli uomini della Ferrari, che per anni hanno seguito la sua crescita agonistica nel vivaio della Drivers Academy.
Quel futuro già scritto in rosso
Per Jules, la rossa era un sogno. Per Maranello, lui poteva essere una realtà. Oggi, per la prima volta, gli ex vertici del Cavallino rampante confermano infatti la notizia che tutti si aspettavano: Bianchi era il predestinato per diventare il ferrarista del futuro. «Jules era sempre a Maranello – racconta l'ex team principal Stefano Domenicali a Sky – Tutti i giorni veniva in fabbrica per crescere e per coltivare il sogno di guidare la Ferrari. La nostra idea era che, dopo la Marussia, andasse in un altro team per crescere ed essere pronto per il grande salto. Questo è quanto avevamo pianificato qualche anno fa. Ma purtroppo il destino ce l'ha portato via». «Jules Bianchi era uno di noi – conferma anche l'ex presidente Luca di Montezemolo – era un membro della famiglia Ferrari ed era il pilota che avevamo scelto per il futuro, una volta finita la collaborazione con Raikkonen. Era un ragazzo di prim'ordine, riservato, veloce, educato, attaccatissimo alla Ferrari e di sicuro avvenire. Un destino amaro ce l'ha portato via lasciando in noi un vuoto incolmabile. Sono vicino alla sua famiglia, che in questi mesi cosi difficili ha dimostrato grande coraggio, e ai suoi tanti amici in Ferrari. Abbiamo perso un ragazzo eccezionale, che ricorderemo tutti con grandissimo affetto».
Solo colpa della sfortuna?
È tanto il dolore per la prima morte di un pilota in gara dai tempi di Ayrton Senna. Ma è tanta anche la rabbia, per un incidente che si poteva evitare. Quella gru parcheggiata a lato della pista di Suzuka per recuperare la monoposto di Adrian Sutil non doveva stare lì, mentre le altre vetture continuavano la loro gara, per giunta con la pioggia. Sono in tanti a credere che la direzione corsa, in quell'occasione, abbia quantomeno sottovalutato il pericolo, non facendo uscire dai box la safety car. Eppure la commissione d'indagine allestita dalla Federazione internazionale dell'automobile nei mesi scorsi si concluse con un esito francamente scandaloso: tutti innocenti, la colpa è solo del pilota. Questa è la versione che ripete oggi anche il patron della Formula 1 Bernie Ecclestone: «La Formula 1 è probabilmente sicura come non lo è mai stata – dichiara alla Bbc – Quello che è accaduto a Jules è solo molta, molta, molta sfortuna. La F1 resta per natura pericolosa, facciamo 20 Gran Premi all'anno ma guardate quanti incidenti ci sono. Noi facciamo del nostro meglio, abbiamo sempre fatto del nostro meglio, per la sicurezza dei piloti. Quel trattore non avrebbe mai dovuto essere lì, abbiamo fatto un sacco di lavoro per assicurarci che se una macchina finisce fuori e colpisce qualcosa deve colpire le barriere di pneumatici».