19 aprile 2024
Aggiornato 03:00
La scarsa attenzione del governo mette a rischio la tappa italiana della Formula 1

Ivan Capelli: «Così cercheremo di salvare il GP di Monza»

L'ex pilota, oggi telecronista e presidente di Ac Milano al DiariodelWeb.it: «Una rinascita Ferrari farebbe tornare gli spettatori sulle tribune. E Vettel è l'unico in grado di ricostruire la squadra. Alonso? Farà un anno sabbatico»

MONZA – Sopra la testa dell'Autodromo Nazionale di Monza continuano a incombere nuvole nere. Anche il salvagente promesso dal parlamento mercoledì scorso, quando sarebbe dovuto passare l'emendamento al decreto Milleproroghe per garantire l'esenzione fiscale agli investimenti di Regione Lombardia, è naufragato. E così i vertici dell'Automobile Club d'Italia dovranno tornare ad imbastire con il governo una lunga trattativa per cercare di salvare il Gran Premio d'Italia. Il DiariodelWeb.it ne ha parlato con Ivan Capelli, ex pilota di Formula 1, telecronista per la Rai e dall'anno scorso anche presidente dell'Ac Milano. L'uomo che cercherà di salvare una delle gare più leggendarie del Mondiale.

Ivan, cosa è successo in parlamento con il vostro emendamento?
L'emendamento è stato fermato a più riprese per vizi di presentazione. Nelle ultime settimane era stato riscritto nella forma dovuta dall'onorevole Maino (Pd), ed eravamo ottimisti per la sua approvazione. Poi l'elezione del nuovo presidente Mattarella e altri fatti politici hanno fatto sì che si bloccasse di nuovo tutto.

Ma non c'era la volontà politica di aiutarvi?
Le premesse erano di un'attenzione al Gran Premio d'Italia. Come sempre accade, secondo me ci arriveremo non nell'immediato: ci sarà da lavorare. L'emendamento poteva essere un segnale forte per creare un punto zero e ripartire.

Veniamo da una serie di stagioni in cui gli spettatori, non solo a Monza, sono stati costantemente in calo. Cosa avete in mente per cercare di invertire questa tendenza?
Far sì che Monza sia pronta ad ospitare il Gran Premio di Formula 1 al meglio, insieme ad altre manifestazioni motoristiche di auto e moto durante l'anno. E creare un'alternativa, per organizzare nel nostro sito anche eventi di altro genere, non legati ai motori. Oggi la F1 è in una fase di perdita di consensi e non attira le grandi folle, come una volta. Noi abbiamo un tallone d'Achille in più: avere la Ferrari è un onore, ma quando non è in grado di lottare per la vittoria, come l'anno scorso, la ricaduta sulle presenze degli italiani è molto forte. Nel 2014 abbiamo avuto 20 mila spettatori in meno. Oggi speriamo che l'entusiasmo per l'arrivo di Vettel e il rinnovamento di Maranello si possa tradurre in prestazioni. E in un Mondiale dall'esito meno scontato.

Tu credi in questa rivoluzione rossa?
Tra tutti i piloti che la Ferrari poteva scegliere, Vettel è l'unico in grado di dare un nuovo orizzonte. Riesce ad interpretare il miglior Michael Schumacher dal punto di vista organizzativo e mentale. Ma ha anche un approccio molto più vicino alla squadra, perché è stato in Toro Rosso e conosce gli italiani. L'ordine che ha in testa e la precisione lavorativa potrebbero ridare alla scuderia la metodologia che si era persa, alla ricerca spasmodica della vittoria. Oggi bisogna ricostruire e lui è l'unico che può farlo.

Colpa anche di Alonso se siamo arrivati a questo punto?
Reputo Fernando il pilota più forte in gara. È un mastino, un pilota che quando si spegne il semaforo non lascia spazio a nessuno, riesce ad avere grande lucidità di gestione della corsa, delle strategie, delle gomme. Probabilmente gli è mancata la capacità di tradurre in positivo in squadra la sua cattiveria agonistica. Il primo Mondiale lo ha perso per una banalità e poi non ha più avuto chance di lottare. Già dal terzo anno, i rapporti si erano ormai incrinati. Poi, quando vai avanti con l'età e i Gran Premi, e vedi che chi corre nelle squadre dove avresti voluto essere tu riesce a vincere, si crea una negatività impossibile da scrollarsi di dosso.

Adesso come vedi questo suo calvario in McLaren?
Oggi la Formula 1 non si inventa più come negli anni '80: quando una stagione parte in negativo non basta toccare un paio di elementi per rigirarla. Le monoposto sono complicate e basta una banalità per non far funzionare a dovere i sistemi e quindi fermarsi. La Honda necessita dell'anno di messa a punto che hanno avuto a disposizione gli altri. Credo che Fernando lo abbia messo in conto come un anno sabbatico, come quello del ritorno in Renault dopo aver lasciato la McLaren e prima di arrivare in Ferrari. Sarà molto difficile vedere una McLaren-Honda tra i primi.

Quindi ti aspetti un altro dominio Mercedes?
La Mercedes mi fa paura. Una vettura che arriva ai primi test e in quattro giorni fa il chilometraggio di otto Gran Premi dimostra preparazione e consapevolezza delle proprie forze. Questo mi fa sospettare che si presenteranno a Melbourne come l'anno scorso: in grandissima forma e con un vantaggio notevole.

Da pilota italiano e ormai anche dirigente dell'Aci, perché i nostri portacolori fanno così fatica ad arrivare in F1?
Purtroppo subiamo la crisi economica. Nessuno era preparato a una contrazione così importante da non permettere un percorso prestabilito per arrivare in F1. Io sono figlio di una generazione in cui avevamo tanti sponsor e tanto entusiasmo intorno al mondo dell'automobile. A fine anni '80 c'erano 13 piloti italiani in griglia a Monza. La Ferrari è una grande fortuna, ma accentra a tal punto le economie e l'attenzione mediatica che per gli altri rimane davvero poco.

Ma questa crisi della Formula 1 non è anche figlia di una scarsa attenzione al suo passato, come dimostra il caso di Monza? Ad Ecclestone la storia può non interessare, ma significa anche appeal del marchio a livello mondiale.
La storia ha la sua importanza. Ci sono Gran Premi che sono delle icone nell'immaginario dei fan, che non possono mancare nel Mondiale: Montecarlo, Silverstone, Monza. Se uno chiude gli occhi rivede pagine epiche di questo sport. Non solo non c'è stata la volontà di preservare queste gare, ma c'è anche un grande scollamento con il mondo esterno a livello mediatico, per esempio non sfruttando a dovere le potenzialità di Internet. C'è una distonia tra Bernie Ecclestone, che vede la F1 come il business che ha creato, e i costruttori che hanno anche altre necessità, ma che al momento non riescono ad essere incisivi.